Dedicato agli operai di Termini Imerese sacrificati dagli untori della crisi. Fabbrica troppo defilata ha detto Marchionne. E in effetti è appena 6000 chilometri più vicina degli impianti Chrysler che producono le parti assemblate a Mirafiori.

A vederli così azzimati, così formali o solo populisticamente informali   non sembrerebbe, ma l’Europa è diventata ormai una bisca  nella quale i giocatori sono costretti a puntare su più tavoli, quello politico, quello economico e infine quello ideologico, il più fumoso e malfamato di tutti. Ognuno con interessi diversi, poste diverse e tutti destinati a perdere rispetto al banco fino a che non usciranno a prendersi una boccata di aria fresca lontani dall’aria viziata e avvelenata del liberismo.

La sopravvivenza politica di Sarkozy è legata alla definizione di un corposo  fondo salvastati sotto qualche forma che eviti il declassamento francese. ” Senza la tripla A sono morto” ha detto il presidente francese ai suoi collaboratori. Ma la sopravvivenza politica di Angela Merkel è invece legata all’esatto contrario cioè alla concessione di pochi fondi e al mantenimento del ruolo della Bce come salvaguardia dall’inflazione: il centrodestra tedesco non tollererebbe il contrario. Gli altri che praticamente hanno esaurito i loro soldi per fare puntate significative non possono che stare a guardare.

Al tavolo dove si gioca all’economia abbiamo anche qui interessi del tutto contrastanti: la Germania non è eccessivamente interessata all’Euro, anzi diciamo che ne farebbe volentieri a meno visto che una sua qualunque valuta sarebbe l’unica forte nel continente. Viceversa è terrorizzata dal fatto che con la moneta unica possa saltare anche il mercato unico, fonte vitale per le sue esportazioni. Tutti gli altri Paesi che avevano una moneta debole o malaticcia considerano la possibile uscita dall’euro una catastrofe e a ragione perché entrare può essere una scelta, ma uscire è una sconfitta e i cittadini si troverebbero con carta straccia in mano. Viceversa possono esercitare una pressione sulla Merkel proprio paventando una fine del mercato unico assieme alla moneta. Lo ha fatto di sfuggita Sarkozy e pure Monti al Senato, anche se la cosa non ha ricevuto attenzione: era invece una mossa azzeccata di cui naturalmente i media non si sono accorti.

Sul piano dell’ideologia è ancora peggio, perché assistiamo a uno scontro titanico fra la realtà, la civiltà e la metafisica liberista con le sue trite ricette che  sono all’origine della crisi. Si sa che i sacrifici per sistemare i bilanci degli Stati portano recessione e quindi tendono a perpetuare e ad aggravare il rapporto deficit/Pil  che invece vorrebbero curare. Si sa che licenziamenti e la sottrazione di diritti, in mancanza di in welfare più che robusto, è solo macelleria sociale e aggrava la carenza di domanda nella quale s’incarna la crisi. E tuttavia non sembra che i governanti europei nessuno escluso, sappiano sottrarsi a queste logiche perverse,  dando così origine a una delle più singolari aporie del nostro tempo: i mercati non credono alle teorie fondate ontologicamente sul mercato e quindi hanno profonda sfiducia nelle cure che vengono propinate.

In questa atmosfera mefitica l’Italia potrebbe godere teoricamente un vantaggio: è stata governata così male negli ultimi trent’anni che avrebbe più spazi di manovra rispetto agli altri per recuperare l’enorme evasione fiscale, ha accumulato una tale ingiustizia sociale e divario di redditi che potrebbe finalmente recuperare da chi ha accumulato ingordamente, ha un tale drenaggio di soldi che derivano dalla commistione tra affari privati e gestione pubblica che potrebbe recuperare una manovra all’anno. Ci sarebbe un’intero rosario da sfogliare, ma per mettere rimedio a tutto questo ci vorrebbe la politica, un progetto, un nuovo patto di cittadinanza. Invece proprio l’assenza di politica ci costringe ai tecnici che possono anche essere abili a giocare, ma con le scartine ereditate dalla stagione del berlusconismo, possono al massimo cercare di non perdere tutto.