Anna Lombroso per il Simplicissimus
Se il razzismo è una patologia della mente, allora diamo ragione a che dice che la recrudescenza va attribuita alla presenza fastidiosa e molesta di negri, gialli, ebrei, islamici, zingari, omosessuali. Invece non è una malattia, lo sterminatore di Firenze non è un pazzo, i gentili torinesi promotori del pogrom erano sì contagiati ma solo dall’infamia.
È perfino ovvio ricordare per l’ennesima volta – l’epidemia si riaffaccia spesso – che il male è banale che le azioni sono mostruose ma chi le ha commesse è invece “normale” un uomo mediocre, uno di noi che se non è demoniaco nel perpetrarle lo è nel guardar passare treni senza voler sapere dove vanno.
Tanti si sono chiesti, ma credo sia una esercitazione inutile, se esistano predisposizioni individuali al pregiudizio razziale. E’ invece vero che le convinzioni economiche, sociali, e politiche di un individuo formano una “mentalita’ che si forma certo nell’ infanzia, in seno alla famiglia ma che si evolve sotto l’influenza dell’ambiente sociale, che se è autoritario, antidemocratico, conservatore, orientata politicamente a destra ed influenzata da una ideologia etnocentrica allora dà luogo a uomini che odiano altri uomini.
E pare che questa Europa, ubbidiente a una economia avida e rapace, idolatri anche altri mostri, scaturiti da dottrine e opinioni diventate vere e proprie ideologie, fondate su una opinione unica, che si accredita come detentrice a un tempo della chiave della storia, della soluzione per ogni enigma, della conoscenza profonda delle leggi universali che si ritiene governino la natura e l’uomo.
Così l’ammirazione di fan entusiasti per Voltaire e per la libertà di espressione diventa colpevole acquiescenza se permette invece che i principi più disumani si trasformino in armi politiche, prima, e in armi vere e proprie poi grazie alla “tolleranza” illuminata dei confronti di revisionismi, Casa Pound, Militia, pacificazione, leghismo. Dando licenza di segregare, escludere, respingere, uccidere, a movimenti vigliacchi e a gente spaventata dall’irruzione nei loro mondi di qualcos’altro, che sfida antiche certezze di superiorità, consolidate identità, principi ritenuti fino a ieri indiscutibili.
Si è permesso in nome della libertà di limitarla dentro a spazi privilegiati, circondati di piccoli muri interni, interdetti e coatti, tanti e proporzionali all’indebolirsi dei grandi muri di confine e di frontiera che una volta circondavano il territorio protetto e sovrano degli Stati. E attribuendo ad essi l’arbitrario potere di tutelare le esistenze “rilevanti” da quelle “irrilevanti”.
Non ci sono più le colonne d’Ercole, ma ci sono i lager, le zattere dei naufraghi, i campi ai margini delle città, aree degradate, “dedicate” e recintate, in cui conferire e confinare i rifiutati come in discariche.
Non si tratta di due livelli di cittadinanza: da una parte noi democraticamente garantiti, dall’altra i senza diritti, quelli che sono soggetti giuridici solo per essere colpiti dalla pena o per osservare doveri e leggi. Peraltro temuti, commercialmente pericolosi, “inquinanti” perché hanno altre voci, altri colori, altri cibi, altri dei.
Ci sono momenti storici in cui il razzismo e’ debole, limitato, secondario, una quasi anodina xenofobia, che da’ luogo a tensioni interculturali. In altri momenti, invece, il razzismo travolge tutto quanto trova sul suo cammino, struttura la vita politica e sociale, anima il cambiamento, organizza la guerra. È quando prevalgono la diffidenza, il rancore per poveri più poveri che minacciano il nostro effimero, la paura degli altri che riduce all’isolamento tra uguali, in una dimensione solipsistica e difensiva, piena di livore, chiusa e ottusa. È allora che fa la sua comparsa la violenza, diffusa o localizzata, quella istituzionale della discriminazione, del respingimento e della repressione, e quella privata che si alimenta intorno a sacche in cui la miseria e la disoccupazione competono con l’emarginazione di gruppi etnici.
In Italia da anni il razzismo è il principio attivo di una forza politica, suscita dibattiti ed esercita pressioni, mobilita ampie fasce di popolazione, nutre un senso comune confuso e influenzabile. Ora è aiutato da un clima di regime improntato a ritenere i diritti secondari rispetto ai bisogni e alla necessità, inteso a creare gerarchie della socialità e graduatorie umane, di generazione, sesso, etnia, inclinazione. E un sedicente “matto” , banale e mediocre cittadino bianco, testimonia sia pure nel modo più aberrante di una opinione molto pubblica, troppo tollerata, tremendamente condivisa sia pure nei modi educati della moderna discriminazione, pronta a diventare maleducata e violenta.
Eppure in un mondo sempre più piccolo siamo tutti orfani di una casa che non c’è più, siamo tutti stranieri tra stranieri. Dovremmo invece essere solo umani tra umani per fare dell’aiuola che ci fa tanto feroci, una piazza nella quale ragionare insieme
forse mi sono espressa male- dissento dal fatto che saremmo influenzati dall’ ambiente, dai politici, dalla tv ecc. per quanto riguarda un nostro atteggiamento nei confronti di chi è diverso. Volevo scrivere che pue essendo io stata intrisa di comportamenti di rifiuto di chi è diverso qs atteggiamenti nn mi hanno minimamente infkuenzato. Quanto a voltaire, è vero, ha detto cose orrende, veramente RAZZISte! nn solo quella che hai citato, ben di peggio! tipo i mulatti sono bastardi e simili. Ma si vede che chi credeva che Voltaire fosse una persona di valore, una mente acuta, si sbagliava, tutto qui! era un cretino.
Eh si Fausto ma convieni che è stata lasciata troppa licenza di “marmellata”, per una pacificazione che è diventata omologazione, uso aberrante della storia, ratelli cervi uguali ai ragazzi di salò. E intanto la lega lavorava sulla paura e il PDL sull’egoismo…
grazie a voi die commenti, grazie Lucia come sempre
Il problema della frase di Voltaire, non è il suo contenuto, ma che lascia questo compito ad una ragione insensibile, ad una libertà cieca. Quello che non ci rendiamo conto è che proprio l’illuminismo nel suo desensibilizzare la ragione, nel credere nel mito di un progresso razionale dell’umanità, nel credere nell’emancipazione dell’uomo dal proprio passato (considerato per principio buio e negativo)per il proprio pieno controllo, finisce per far delirare la ragione, farla girare a vuoto, non darle un contenuto, farla diventare tecnica (tecnologia!), calcolo, tanto che la Shoà, questo abisso nella storia occidentale, era frutto di quella razionalità, ha dimostrato che nel ventesimo secolo si è capaci di tanto male quanto mai nella storia, provocato proprio dalla pretesa di eliminarlo tramite le sole proprie forze, quelle della ragione umana. Voltaire sbaglia per questo, e perchè in realtà anche la democrazia in fondo è un monoteismo, un monoteismo laico, l’unica fede realmente tollerabile, quella nella democrazia e nei diritti umani, unica condizione possibile della tolleranza di tutte le fedi. Sarà intollerante questo monoteismo? Come tutti i monoteismi. Anche la democrazia si fonda su un atto non democratico. Ma non ne usciamo: Derridà, filosofo francese deceduto 7 anni fa, parlava di democrazia a-venire: di un ideale di apertura infinita all’evento realmente democratico, alla giustizia, intesi come poteri che si decostruiscono infinititamente per non essere violenti e totalitari, fino alla propria (inevitabile) autosoppressione: la democrazia deve necessariamente costituirsi come tollerante anche nei confronti di chi non crede in lei e la rinnega. Nell’imperfezione inevitabile, nella precarietà di ogni realtà politica “nel frattempo” non ci resta che sospendere qualsiasi pretesa di vera giustizia e di vera democrazia, tendendo ad essa naturalmente, ma senza pretendere di raggiungerla mai, senza imporre mai il proprio monoteismo, senza diventare intolleranti dell’intolleranza. Non ci resta che perdonare! Atto folle e gratuito, perchè rende i propri diritti anche a chi li nega a noi (“ama il tuo nemico”). CHi di noi perdonerà quell’omicida? CHi perdonerà casa pound, chi perdonerà il nazismo? CHi il comunismo? Ci riusciremo? Eppure, per giustizia, dobbiamo. Dobbiamo rendere i loro diritti, pur nella condanna dei gesti e delle idee (sia chiaro). Ma siamo noi i primi a sentirci in debito verso quell’idea di giustizia impossibile che pervade la nostra idea di democrazia
Che dire? Quando ero giovane, anzi giovanissimo, mi chiesero cosa fosse per me il razzismo-domanda impegnativa anche ora che ho qualche primavera- e ricordo che dopo avermi fatto parlare e parlare, il collega-eh sì, era un mio collega di lavoro molto più navigato di me-mi disse che il razzismo non era altro che la paura del diverso!Ecco, la diversità, quella che dovrebbe essere un valore aggiunto, diventa improvvisamente un fattore ostile e minaccioso per la nostra identità, che se non ben formata e saldamente ancorata ai principi fondamentali della Democrazia e dell’Umana Ragione (ciao Vittorio A.!) può vacillare al confronto con spinte emotive che vengono dall’esterno….la frase di Voltaire deve essere fisichellaneamente contestualizzata…eravamo nel secolo dei lumi e siamo ripiombati nell’era delle tenebre…anche io difendo il tuo diritto a dire ciò che nell’animo disapprovo, ma certamente non starò a guardare il tuo proposito di metterlo in atto.La differenza è notevole…n’est ce pas?
Il commento è mio, Anna! Sono Lucia Di Marco!
Anna, al contrario, io condivido punto per punto la tua nota!!! Io e mio marito abbiamo tanti amici stranieri per chè proveniamo, entrambi, da famiglie che ci hanno formato in tal senso e soffriamo moltissimo per questi atti insensati e crudeli!!!
Bellissimo articolo!!!
Marisa, non si capisce da cosa dissenti ma in questo caso volterianamente sei libera di farlo, no?
la frase è: “Disapprovo ciò che dici, ma difenderò alla morte il tuo diritto di dirlo”. E francamente penso che andrebbe usata con misura e circospezione
rose forse mi è sfuggito qualcosa: quale frase di Voltaire?e poi le citazioni sono tante si trova sempre quella che fa comodo.
Grazie, mi sento meno sola. Ho sempre pensato che Voltaire se fosse vissuto ai giorni nostri non avrebbe mai pronunciato quella frase di cui si abusa, spesso a sproposito.
Mi scuso per gli errori. Scrivo in fretta ho il pc in avaria e la tastiera che uso è di gomma.
dissento! io vengo da una famiglia in cui mio padre mi fece cambiare posto perchè c’ erano indiani sul treno con cui andavamo in inghiterra, e ricordo che giustificò la cosa dicendo “Sono come i negri”; mi fadre faceva letteralmente un salto in aria tremando e stringendoci le mani (eraamo piccoli e camminavamo cn lei) se incontravamo un uomo di colore; ho avuto un marito docente universitario che scherniva gli studenti africani e così via- a me tutto questo iter non ha lasciato nessuna traccia – mi sembrano cose assurde e che esistano parti politiche che più o meno apertmente coltivano qs modo d’essere mi pare un oltraggio a tutto il genere umano.Ora l’ultima cavolata che circoola è che se non ci affrettiamo a fare tanti figli i colored che invece ne fanno prenderanno il sopravvento. E allora? e se anche fosse? qual’èil problema? io ho persino il dubbo che a parità di tutto siano superirori a oi (negli sport è evidente) . L’esistenza umana su qs pianeta è fatta di cicli; Gesù era un palestinese non sappiamo quanto chiaro o scuro e certo nn aveva gli occhi blu; eppure lo veneriamo come figlio di Dio. Le persone sono differenti ; chi viene qui ha i suoi problemi ; ma diamo empo al tempo. Obama è un segno.