Anna Lombroso per il Simplicissimus

L’alimento che si addice di più ai neo-filistei è certamente la marmellata, dolce e rassicurante fino a essere stomachevole, un amalgama pacificatore di conformismo, perbenismoe opportunismo nel quale stanno insieme i fratelli Cervi e i ragazzi di Salò, i centri sociali e Casa Pound e tanto per non sbagliare anche tutte le tipologie di suicidi “causa crisi”, tutte le varie variabili forme di incertezza, preludio a categorie le più disparate di disperazione.
Non so voi ma io sono arcaica forse bacchettona, penso che si stiano ricomponendo tragicamente in questa iniqua contemporaneità gli eserciti del conflitto di classe con più ferocia di prima e come non accetto le graduatorie e le classifiche dell’accesso ai diritti e nemmeno quelle dell’obbligo ai doveri, allo stesso modo penso che sia “onesto” distinguere tra l’imprenditore più affermato del ramo delle concessionarie costretto forzosamente a uscire dal contesto dell’opulenza e assediato da debiti e un pensionato a 450 euro al mese taglieggiato dall’Inps per una disattenzione, una irregolarità che gli toglie il sonno e la vita. C’è da temere il primo di tanti che già non dormono la notte perché la gola gli si stringe dalla minaccia intorno, dallo spauracchio di controlli, di bancomat cui guardano come un un feticcio pauroso, dall’Imu su casette popolari riscattate in anni di sacrifici trasformate in una galera patrimoniale.

Oggi la marmellata è stata spalmata come per una congiura ipocrita sotto forma di speranza dal vice direttore della Stampa, quello che condanna i pogrom contro i Rom senza leggere l’esplicita istigazione del suo giornale, che non fa autocritica per quello, bensì per essersi abbandonato allo sconforto, piuttosto improbabile immaginando i suoi lauti e garantiti emolumenti. E sotto forma di benefica catarsi dall’Espresso, secondo il quale psicologi, sociologi e perfino economisti avanzano la fantasiosa ipotesi che la recessione possa essere un’occasione per scoprire nuove scale di valori, che le difficoltà possano diventare un’opportunità per vivere meglio.

Insomma questi sgangherati savonarola de noantri, questo sfrontati profeti del “buscar l’oriente attraverso l’occidente” del conseguimento della virtù attraverso il vizio o meglio ancora mediante il sacrificio, dovrebbero essere messi a tacere, condannati alla non-lettura, ridicolizzati come meritano.
Non conoscono privazioni se non quella del pensiero e non sanno nulla della rinuncia se non quella alla dignità che pare sia costata loro ben poco.
Non conoscono vergogna, mentre a me personalmente è successo di incontrare questo senso mai provato prima, originato della contemplazione rabbiosa dell’inerzia intorno, dell’accondiscendenza ai potenti anche quando dimostrano criminale impotenza e inadeguatezza, della stolida accidiosa consegna in attesa di un qualche arrivo salvifico del nuovo messia che scende in campo per noi.
Non conoscono disubbidienza o ribellione, persuasi che si debba gratitudine per il sostentamento ai padroni, come fosse un’elargizione benevola, che sia legittimo imporre la rinuncia ai diritti per una sedicente necessità, come se fosse doveroso scontare la dignità duramente conquistata abdicando ad essa.

Non conoscono e non vogliono conoscere la realtà preferendole un’imitazione, la narrazione confortante nella quale è legittimo quel po’ di ingiustizia ben temperata che addormenta le coscienze e esalta l’allargarsi vile della complicità verso una società che legittima le disuguaglianze, come se benessere e privilegi dipendessero davvero e solo dal merito e non dall’appartenenza o l’affiliazione.
Credono di “vivere da re”, ma io preferisco il popolo quando non vuole essere suddito e si ribella anche alle loro fiabe senza lieto fine.