“Vuole andare a casa?” chiede con rabbiosa ironia De Falco a Schettino mentre si consuma il naufragio. Abbiamo sentito tutti la telefonata tra il comandante della capitaneria di porto e il nocchiero fellone della Concordia che per nessun motivo al mondo voleva tornare sulla nave.

Ma in questo paradossale paese Schettino, contro ogni plausibilità, è davvero tornato a casa, ai domiciliari, graziato dal gip che nemmeno ha confermato lo stato di fermo. Questa singolare mitezza, inesplicabile come le manovre della Concordia,  si è materializzata ieri in coincidenza con l’arrivo dell’amministatore delegato di Costa Crociere al Giglio.

La vita italiana del resto è costruita sulle coincidenze. Perché di certo uno Schettino in carcere non è gradito alla società armatrice e forse non soltanto per una questione di immagine: probabilmente non può alterare le prove su ciò che è successo la sera del naufragio, ma chissà quante altre cose potrebbe dire l’intrepido lupo di mare, dietro le sbarre. A casa invece è più tranquillo, protetto dal suo ambiente, con una carriera spezzata, ma  non senza mezzi di sostentamento, come sospetto. Non paghi una multa per divieto di sosta e rischi che ti pignorino la casa, ma se provochi la morte di decine di persone puoi tornartene a casa.

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