Licia Satirico per il Simplicissimus
Son proprio tempi difficili per i sottosegretari del governo Monti: anche, le prime esternazioni di Michel Martone provocano un vespaio. Enfant prodige dell’accademia italiana e viceministro del lavoro e delle politiche sociali con criptiche “funzioni particolari”, il sottosegretario sarebbe addirittura vittima di mobbing da parte della lacrimosa Elsa Fornero, che lo costringerebbe (forse non a torto) a vagare nei meandri del ministero come un fantasma dei racconti di Henry James.
Debordando dalle competenze istituzionali, il precoce Michel – dottorando di ricerca a 23 anni, ricercatore a 26 e ordinario a 29 – ha inaugurato la “Giornata dell’apprendistato” organizzata dalla Regione Lazio affermando che chi a 28 anni non si è ancora laureato è “uno sfigato”, a differenza di chi abbia frequentato con profitto un istituto tecnico professionale. “Essere secchione è bello, almeno hai fatto qualcosa”, dice il giovane viceministro dalla carriera sfolgorante. Una carriera così bruciante da risultare anomala persino dal punto di vista di un secchione qualunque, tant’è che il sottosegretario si definisce freudianamente “secchioncello”: metà secchione, metà insider.
Michel Martone è figlio di Antonio Martone, ex presidente dell’Authority Scioperi e frequentatore abituale dello studio Previti, noto in tempi più recenti per esser stato commensale di Verdini in un pranzo organizzato dall’associazione occulta P3. Il giovane Martone risente dello stesso imprinting, essendo assurto agli onori delle cronache come beneficiario di una consulenza da 40.000 euro assegnatagli da Renato Brunetta pochi mesi prima che il ministro “antifannulloni” nominasse Martone senior presidente dell’Autorità di vigilanza sulla pubblica amministrazione. Martone junior vanta una stima trasversale che spazia da Montezemolo a Sacconi, il quale – per non essere da meno – lo ha a sua volta nominato presidente di FondInps poche ore prima delle dimissioni di Berlusconi: un collaboratore prezioso, del quale tutti (tranne, secondo alcuni, la Fornero) sembrano non poter fare a meno.
Michel Martone ha in mente l’eco dei bamboccioni di Padoa Schioppa, ma da docente universitario dovrebbe conoscere la situazione complessa degli atenei italiani. Vero è che in Italia ci si laurea con ritardo rispetto alla media europea, ma nel resto d’Europa il sistema del 3+2 non ha generato lauree triennali inutili, raddoppiando insensatamente il numero degli esami da sostenere per acquisire un titolo di studio spendibile sul mercato del lavoro. L’Unione Studenti Universitari ha poi ricordato a Martone la latitanza delle borse di studio, la mole delle tasse universitarie (aumentate vertiginosamente dopo i tagli di Gelmini e Tremonti) e la categoria degli studenti lavoratori.
Il dibattito sugli studenti “sfigati” e ritardatari, per curiosa coincidenza, sorge insieme alla ventilata abolizione del valore legale del titolo di studio, destinata a privare di senso la laurea conseguita in atenei non prestigiosi: sfigati i fuoricorso, sfigatissimi i laureati nell’ateneo sbagliato, lontano dai parametri di efficienza di tipo bocconiano oggi in voga.
Non resta che consolarci amaramente pensando all’ossessione di alcuni politici affermati e dei loro parenti per il “pezzo di carta”. Per anni Bossi è uscito di casa con camice bianco e valigetta, simulando un’inesistente laurea in medicina: la cosa non gli ha impedito di diventare ministro delle riforme e di rischiare le stesse lauree honoris causa che hanno inondato Silvio Berlusconi. Certo, ora abbiamo brillanti ministri “tecnici” dal cursus honorum pullulante di titoli ma molto “politici” nei rapporti ereditari col potere e addirittura opachi nelle strategie comunicative.
A ben vedere, non ha neppure troppo senso discutere della congruità delle affermazioni di Michel Martone su sfiga e laurea tardiva, sui secchioni efficienti e sui fannulloni perdenti. Turbano, piuttosto, il suo linguaggio sferzante e la distinzione manichea tra studenti buoni e cattivi, inadatti al mercato del lavoro come agli studi universitari. Sul suo blog personale Martone dice di se stesso: “quando sono di buonumore gioco a pallacanestro, quando sono di cattivo, scrivo”. Non sappiamo quale sia il suo stato d’animo quando parla, ma abbiamo ottime ragioni per credere che la parola gli sia nociva in ogni sua forma di manifestazione.
Dubito che questo collaterale della Gelmini e di Lapo Elkann abbia anche solo mai visto un libro in vita sua. Del resto perchè sbattersi? Bastava che babbino facesse una telefonatina di saluto a chi di dovere.
Chiamiamoli col loro nome: parassiti.
… Dopotutto, no, non credo che Martone abbia mai avuto a che fare con figli e nipoti di capi che in quanto tali si credevano semidei e venivano anche a chiedergli conto della sua vita privata o gente che lo spronava a lavorare gratis perché 8-10 ore al dì senza vedere il becco d’un quattrino sono ancora “pre-lavoro” e devi portar pazienza…
Sarebbe stato molto carino da parte di Martone spendere anche due parole sui “Trota” – non c’è solo il figlio di Bossi, anche se ne è l’esempio più sfacciato e quello che più fa incazzare – che entrano dalla porta principale perché il babbo, lo zio o chi per esso gliene ha ben lubrificati i cardini e anche se non è buono a dar nulla basta il cognome, e sulle damerine e principessine che, con blandizie e voti sessuali, ottengono ciò che a noi “coglione” è negato e poi si prendon anche lo sfizio di fare la morale al prossimo (vedi alla voce: ex ministre & co)… Nel mio piccolo ho conosciuto entrambe le categorie e beh, altro che sfigati, producono proprio il vuoto cerebrale…
Il solito figlio di papà del c..zzo… Questa gente non sarebbe nessuno se non fosse per il cognome…sono coloro i quali agli esami universitari si siedono e parlano di quello che si discuteva la sera prima e poi si ritrovano il 30 nel libretto con i “saluti a casa”. Già visti…questi dovrebbero essere allontanati..non promossi alle cariche più prestigiose della Repubblica. Se fosse qualcuno, andrebbe all’estero dove ti pagano per quel che vali e non per il cognome…Indifendibile…spero si dimetta…o che venga preso a Calci in culo dagli universitari…
@ Miki Peccato che un sottosegretario dovrebbe avere un linguagio diverso e analizare le cose in maniera più “sofisticata”..quindi dimostra che laurea e dottorati non tutelano il cervello dei coglioni, nati e cullati nei tiepidi liquami o brodo clientelare delle varie caste o criptocaste…se non era figlio di Martone temo fosse più probabile stesse a farsi sfruttare (se fosse stato davvero bravo) all’università lavorando con mille euro e poco più al mese esattamente come i cervelli validi laureati a 24 anni come lui, che però in Italia, proprio per il fatto di essere validi in genere, vanno in fuga, …scusatemi la volgarità ma quando ci vuole ci vuole….
Non penso si riferisse a studenti lavoratori, che sono una minaranza rispetto a quella marmaglia di ragazzi che prendono lo studio , non come un lavoro ma come una babilonia di cazzeggio , parcheggiati lì a spese dei genitori , quando un loro coetaneo lavora 8 ore al giorno tutti i santi giorni a farsi il culo , non cerchiamo il pelo nell’uovo , se uno studia e lavora è una cosa ed è di tutto rispetto perchè non è da tutti,invece se studia come attività principale non è solo uno sfigato ma anche bamboccione, un parassita punto e basta.
Mi pare che sia uno dei tanti figli di papà che ha avuto la fortuna di farsi mantenere all’università. Non è un grande merito studiare quando hai tutta la tranquillità per farlo.
Valentino Roiatti.
lui fa il paio con quella zoccola che diceva che le brutte e povere non dovrebbero uscire di casa…
ciao luica, impeccabile!
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