Anna Lombroso per il Simplicissimus

La Fornero si indigna per i corpi esibiti e usati in Tv. Si vede che è colpita solo dal vilipendio estetico, quello che si consuma per immagini nell’impero mediatico, che abbiamo scoperto piacere molto anche al dopo-berlusconi. L’oltraggio sui corpi stanchi e sfruttati, sulle lavoratrici sottopagate e discriminate, quello commesso sui diritti la ministra pare non se lo sappia proprio figurare, se non nel formato power point delle sue lezioni universitarie.

Così non si sarà certamente sentita parte lesa dall’iniziativa del Piemonte, fotocopia di quella analoga del casto Formigoni consistente nel proporre un contributo di 250 euro al mese dal terzo mese di gravidanza al diciottesimo di vita del bambino. L’intento è quello di persuadere certe femmine scriteriate e vanerelle che si concedono senza badare troppo alle conseguenze, a assumere un atteggiamento responsabile, a dare figli alla patria e al cresci-Italia invogliate dal gruzzoletto. Per ottenere il quale dovranno esibire una dichiarazione attestante la libera volontà di non abortire e un certificato Isee che dimostri un reddito basso. Il modello è quello lombardo: le aziende sanitarie erogano fondi per chi rinuncia all’interruzione di gravidanza con la costituzione di convenzioni con consultori privati. Le fortunate ricevono una carta prepagata sulla quale ogni mese viene caricato il contributo regionale, previo controllo da parte della Regione sul corretto utilizzo e sull’attuazione del progetto di aiuto personalizzato.

Governo e opposizione sono concordi in una cosa, il ricorso sfrontato e ripetuto all’umiliazione dei cittadini: donne, uomini, vecchi, giovani, precari, pensionati, disoccupati, stranieri, invalidi. Tutti hanno un prezzo, tutti diventati una merce commerciabile, come il lavoro, i diritti, le garanzie, l’assistenza, il futuro.
Ricattati e dunque pronti a rinunciare all’autodeterminazione in cambio di una mancetta condizionata come la libertà che ci resta, negoziabile purchè contribuisca a consolidare un sistema basato sul primato dei soldi, quelli che pagano le scelte, la dignità, la cura, in consultori privati, l’istruzione, in scuole private, perfino l’acqua.

E a volte l’umiliazione diventa ludibrio. Quando si finge di concedere una libertà che non è tale, perché nessuna donna si disfa di una maternità con leggerezza, e nessuna donna sceglie di essere madre con leggerezza soprattutto di questi tempi. E tutte le donne sanno che in ambedue i casi è inappropriato parlare di scelta, perché non c’è libero arbitrio laddove dettano legge l’incertezza, la paura, la povertà, la solitudine. Laddove la responsabilità nei confronti di qualcuno che non c’è deve essere superiore al desiderio di farlo venire al mondo. Laddove la responsabilità si scontra con istinto, desiderio, amore. Laddove la responsabilità è costretta a fare i conti con l’eclissi dello stato sociale, con l’erosione dell’idea di futuro, con l’impoverimento della coesione e della solidarietà, con la rinuncia alla bellezza, ai sorrisi dei bambini, ai canti delle donne, alle carezze di uomini innamorati, al ragionare insieme.

A volte noi donne e uomini che non abbiamo avuto figli e che forse per questo siamo più solidali meno egoisti, perchè ci succede di pensare con apprensione e dolcezza ai figli di tutti altri da noi e al loro domani, soffriamo di non lasciare quella impronta di noi. Fatta di ricordi, risate, racconti memorie, azioni, desideri.
Io non so che impronta lascerà questo ceto al potere, cinico, rapace, algido e anaffettivo. Ma vorrei che un vento forte e generoso la cancellasse mentre la stanno imprimendo sulla sabbia di questo mondo di cui stanno facendo un deserto.