Anna Lombroso per il Simplicissimus

Nello spot si vede una giuliva scriteriata che va da Doris e gli “presenta” la figlia, il marito, l’amica in modo che tutti entrino nel cerchio magico di Mediolanum.

È la nuova frontiera  dell’advertising delle banche che cela dietro una comunicazione amichevole e sodale   l’intento  di allargare il target delle sue vittime. E infatti è proprio la stessa strategia di fidelizzazione  degli usurai, che, ormai è noto, usano i metodi di affiliazione degli spacciatori, rinnovando il credito e rinviando di spezzare le gambe o incendiare la bottega o devastare il bar o spaccare le vetrine in cambio dell’affidamento  di nuovi utenti all’organizzazione.

E’ di qualche giorno fa la notizia che la proposta  di nuovi “prodotti finanziari”, con i quali continuare ad avvelenare il mercato, la  Deutsche Bank ha  avuto una interessante idea creativa per una originale speculazione su quello che per molti è rimasto l’unico bene posseduto, la vita, o meglio, la sopravvivenza.  L’istituto finanziario identifica  un gruppo di cinquecento persone tra i 72 e gli 85 anni, con il loro consenso raccoglie le informazioni sulle loro condizioni di salute e  propone di investire sulla durata delle loro vite. Più veloci sono i decessi, maggiore è il guadagno dell´investitore, mentre il profitto della banca cresce con la permanenza in vita delle persone appartenenti al campione.

La morte   come bond, come hedge fund, come derivato  è solo l’ultima invenzione della finanza creativa, perfettamente coerente con l’estro dei feroci e rapaci killer dell’economia reale e delle nostre aspirazioni e sicurezze. Non molto differenti, come si diceva sopra, dai manager dei vari cartelli di Medellin che impongono ai loro “adepti” e clienti il sacrificio di un rene personale o dei loro congiunti a saldo dei debiti.

Nella speranza che Doris non ci tiri dentro al cerchio per strapparci la fatidica libbra di carne, sarebbe raccomandabile che togliessimo a Fede l’unica forma   di “occupazione” e adottassimo forme di resistenza contro le tecniche assassine degli istituti di credito. Non so se sia suicida come molti dicono non saldare il debito nazionale, ma forse sarebbe vitale non pagare qualcuno dei debiti personali. Che finora comunque  a aiutare le banche ci pensano quelli che ci hanno portato alla rovina e a aiutarci dobbiamo pensarci noi stessi.

Ieri si è capito che all’ex premier  Pangloss è succeduto il Passera Candide che scopre che siamo in piena recessione. E che sarà doverosa una nuova manovra, proprio quella libbra di carne che finora era stata risparmiata. Mentre avevamo già sacrificato garanzie, diritti, speranze e aspettative. E anche vicoli di solidarietà, affetto, sostegno, cura. Non è un caso che non ci avessero avvertito che eravamo sull’orlo di un precipizio, la caduta nel quale si ripete come  in un continuo tragico remake. La ricetta si era dimostrata infallibile in Grecia: non indurre cambiamenti del modello di vita, nascondere la realtà, rendere ineluttabile l’austerità e la consegna a poteri finanziari nemmeno tanto oscuri, affermare l’improbabilità di una alternativa. I modi sono gli stessi dei più implacabili strozzini,  impoverire gli stati perché aumenti il debito e si immiserisca il welfare,  manomettere  il sistema democratico perché si possano restringere i diritti,  alimentare la diffidenza nei confronti della politica perché si promuova disaffezione e disillusione, lasciare indisturbata  la corruzione perché si incrementi discrezionalità e malaffare, rendendoci così permeabili alla minaccia, alla paura e alla tentazione della delega e dell’affidamento.  In modo che sia sempre più ristretta la cerchia delle  persone che non rientrano nel nuovo ordine sociale, quelle che, come ha detto  LaFornero,  “intralciano la configurazione della nuova Italia”, da rendere sempre più marginali come la Fiom.  In modo da rendere reale la maledetta profezia di  Friedman  quella della “dottrina dello Shock “, che auspicava  una crisi – reale o percepita – in modo da produrre  il “vero cambiamento”.

Il vero cambiamento c’è stato ed è il ritorno alla barbarie, alla dismissione dello stato di diritto. Ci sono già i primi morti, prima dei bond funebri. È imperdonabile se ci arrendiamo ad essere vittime di questa criminalità elegante e solo apparentemente incruenta e anodina.

E’ venuto il  tempo di scardinare questo stato di inerzia, bisogna credere nel risveglio di una società civile, ma il ritrovamento della coscienza contro l’accettato trascinamento verso il baratro deve affrontare il fatto che qualunque potere politico che cerchi di rompere con la condizione attuale delle cose deve rompere con un sistema che ha dato legittimità e autorità istituzionale all’illegalità e all’illegittimità, anche quella del debito.  Per  favorire sia pure lentamente una socializzazione del credito, è possibile che si agisca sul piano della diffusa domestica disubbidienza, cominciando col non pagare debiti anche piccoli ma simbolici. Bisogna manifestare contro la tolleranza nei confronti dell’evasione fiscale, che comporta la flessione di alcune categorie di fiscalità per mancanza di introiti e l’obbligo a emettere sempre più titoli di debito pubblico, avvitandoci in una situazione in cui è necessario reindebitarsi per pagare gli interessi sul debito. E occorre dare una consistenza scientifica e politica alla denuncia del debito «odioso» che ha degli appigli nel diritto pubblico internazionale. Appigli che risalgono agli anni Venti e Trenta e che sono stati riattivati negli anni Ottanta in America Latina.
La questione del debito illegittimo coincide con il ripristino di condizioni di democrazia reale, quella che spinge a ragionare insieme per difendersi, a stringere vicoli di solidarietà, a resistere alla sopraffazione in tanti. Da ieri guardo le immagini che arrivano dalla Spagna. Pare che la lunga dittatura abbia insegnato, a loro,  a battersi, a non subire più.