C’è un grande vuoto attorno alla tragedia di Brindisi, un odioso silenzio in mezzo al chiasso e alla trenodia delle parole rituali: l’ostinazione con cui il milieu politico si ostina a non pronunciare apertamente la parola mafia, la pervicacia con la quale ci si perde dietro a fantasiose ipotesi di terrorismo addirittura internazionale. Come se le bombole di gas non stonassero ancora di più con queste vie di fuga dalla responsabilità, che con le cosche.

Ho provato rabbia ieri a sentire gli anguilleschi ragionamenti, i giri di parole, a vedere il lenzuolo delle dichiarazioni nascondere come un sudario la realtà. Ho provato vergogna ad ascoltare il rosario di una mafia d’onore che non colpisce i bambini, una specie di riconoscimento che i rappresentanti dello stato fanno all’antistato. Che importa se poi è solo una leggenda cinematografica, se i bambini vengono sciolti nell’acido o sacrificati in vendette trasversali o colpiti da pallottole vaganti o messi nel conto quando si colpisce nel mucchio. Ma è impressionante vedere i signori che dovrebbero combattere la criminalità organizzata, ammantarla di virtù inesistenti.

Oh certo il terrorismo che detto così non significa niente è molto più comodo come investimento emotivo, come detonatore di paura perché rappresenta l’irrazionale e lascia apparentemente incolpevole il potere, mentre le mafie con i loro soldi i loro affari, il loro dominio territoriale, ormai intrecciato a una rete globale,  rappresentano una sconfitta se non una correità di chi dovrebbe combatterle con la cultura e con la buona politica, ma che purtroppo non sa esprimere né l’una né l’altra. Come Maroni negava che la mafia fosse al Nord, contro ogni evidenza, oggi sentiamo che la mafia non esiste al Sud persino nel territorio dove è nata la sacra corona unita. E che se anche esiste, non si comporta così. Per non parlare delle esternazioni esistenzial psicologiche di un procuratore che ha un bel po’ di bombe tutte  da indagare sul suo territorio di competenza e che ha tutto l’interesse a buttarla in follia. Ignari dei cambiamenti epocali e globali che hanno cambiato anche il volto delle vecchie organizzazioni mafiose: si rivede il film muto con didascalie, mentre bisognerebbe mettere gli occhiali per il 3D. . Capire che il vuoto di politica viene riempito dagli incubi e che anche la criminalità mette in campo le sue opzioni e i suoi disegni, la sua strategia della tensione .

La fuga dalla spiacevole realtà, il silenzio in mezzo al parolame è lo stesso che accompagna giorno per giorno il declino del Paese, i massacri sociali, il clima sempre più avvelenato e degradante, l’evidente volontà di non colpire davvero la corruttela e di sottrarre agli investigatori gli strumenti per combatterla. Tutto avviene dentro una narrazione aberrante, dentro un clima autoassolutorio per ogni vergogna da parte di una classe dirigente che rifiuta l’idea stessa di responsabilità e fugge per la tangente ogni volta che si tratta di compiere una scelta. Ci racconta bugie, s’inventa favole perché essa stessa ormai è la bugia del Paese. E il suo incubo.