Oggi – complice una tragedia – è il giorno della verità, la verità di un’intera classe dirigente e della sua inadeguatezza. Della Fornero sappiamo già:  la sua frase ” è innaturale che i palazzi crollino ad ogni scossa” merita un ignobel per acclamazione, un titolo che la ministra si è già assicurata altre volte, nella pervicace ostinazione di svelarci il suo livello intellettuale. Ma de minimis è inutile curarsi vediamo cosa sarebbe dovuto accadere in un Paese normale.

1) Il presidente della Repubblica invece di parlare dello “spirito del Friuli” avrebbe dovuto riferirsi agli aiuti per il Friuli. Come è ben noto due giorni dopo il terremoto di maggio del ’76 la Regione stanziò 10 miliardi (40 milioni di euro in termini reali, riferiti al 2012) mentre nei sei mesi successivi il governo venne in soccorso con 500 miliardi ( 2 miliardi di euro attuali in termini reali) . In totale in dieci anni venne investita una cifra che a seconda delle fonti oscilla fra i 13.000 e i  29.000 miliardi di lire , ovvero in termini attuali fra i 52 e i 115 miliardi di euro. Senza nulla togliere al merito dei friulani che da quel terremoto seppero rialzarsi meravgliosamente sfruttando anche i fondi come motore di sviluppo, alle catastrofi si rimedia non solo con lo spirito, ma anche con le risorse e forse dal Quirinale  sarebbe dovuto partire un vibrante  appello ad abbandonare la filosofia dei fichi secchi  che finora è stata in grado di racimolare una cinquantina di milioni.

2) Sempre dal Quirinale sarebbe dovuto immediatamente partire lo stop alla parata del 2 giugno,  orpello per i tristi papaveri del potere, per dare i 4 milioni e passa letteralmente buttati dalla finestra ai terremotati. Se ieri la rivista militare , pur decurtata dalla spending review,  appariva inutile e fuori luogo, oggi pare ignobile. L’unità del Paese sta in ben altro, nella solidarietà che sa sviluppare, non nella marcia forzata di qualche migliaio di caporali (il soldato semplice è scomparso).

3) Il premier dovrebbe essere già a Bruxelles a contrattare quanto meno una eroga al patto di stabilità e/o a chiedere un consistente aiuto finanziario a un’Europa che si mostra solidale solo quando si tratta di massacrare i diritti, ma tace o fa la micragnosa quando si tratta di aiutare. E francamente non starei lì a fare sorrisi, ma a battere i pugni sul tavolo.

4) Le forze politiche avrebbero dovuto prendere posizione su questo, mentre il silenzio è davvero impressionante. E non basta certo che un’opinione di sinistra si mobiliti contro la parata che certo ha aspetti simbolici, ma la cui eventuale soppressione non risolve i problemi. Né quelli immediati, né quelli di fondo posti dall’esondazione finanziario-liberista.  In particolare mi sarei aspettato che qualcuno facesse la voce grossa quanto meno per rinviare il demenziale abbandono degli aiuti, sostituiti da assicurazioni private. Invece si odono solo ruggiti di conigli.

5) Il governo avrebbe dovuto dare l’annuncio di una marcia indietro sulla decimazione della Protezione civile che senza eliminarne  i difetti, è destinata a ridurne drasticamente l’efficacia e la presenza

6) Oggi o al massimo domani i due rami del Parlamento dovrebbero essere riuniti per evitare la sindrome de L’Aquila e proporre un percorso e un respiro politico agli aiuti oltre che un ragionamento sull’arretratezza e la fragilità non solo delle strutture materiali, ma anche di quelle per gran parte immateriali come le comunicazioni.

7) I media avrebbero dovuto focalizzare fin da subito l’attenzione su questi problemi, invece di essere sovrastati dalla cronaca spicciola, peraltro ridondante.

Ecco questo sarebbe stato normale. Ma tanto sappiamo che per una classe dirigente abituatasi a governare per emergenze, la normalità è solo un inopportuno richiamo alla ragione, al progetto, alla costruzione del futuro. L’unica cosa ovvia e normale è la dichiarazione di un giorno di lutto. Come se bastasse e come se non fosse solo la finzione del rispetto.

Amen