Il sabato di festa alla Repubblica non è passata invano. E’ stata la prova del totale scollamento della politica dal Paese e anche l’indicazione di ciò che si va preparando. La scarsissima partecipazione a una parata militare voluta a tutti i costi e oggettivamente inopportuna, è stata la dimostrazione palmare dell’autismo che ormai affligge i partiti e le istituzioni: solo il deserto dei fori imperiali ha reso evidente una gaffe che nessuna retorica è stata in grado di colmare. Ma non è stato il peggio: quello è venuto dopo, nelle ore serali, quando praticamente tutta l’informazione televisiva ha parlato di “parata sobria” con la lodevole eccezione di qualche voce fuori del coro che ha invece preferito l’espressione “sobria parata”.

Persino al tempo del fascismo, quando nelle redazioni arrivavano le veline dell’Agenzia Stefani, l’informazione si prendeva una maggiore libertà nel comunicare le “verità” del  regime, magari arrivando a correggere  espressioni improprie se non grottesche come, per l’ appunto parata sobria che non è tanto un ossimoro, quanto un’incongruità bugiarda. Ma questo unanimismo nel cercare di mettere una toppa alle ostinazioni ormai chiaramente senili del Quirinale, ci dice molto riguardo alle mosse di un’oligarchia che di fatto detiene la golden share dell’informazione e che sta scendendo in campo direttamente o indirettamente per supportare la deriva dei partiti con una sorta di raggiro, quelle delle liste civiche nazionali, calate come reti per cercare di pescare la crescente repulsione nelle forze politiche.

Sappiamo che se ne preparano diverse, ma le principali sono due: una a destra con Montezemolo o chi per lui e si sa che il nobiluomo, iscritto fin da ragazzo nel gotha della classe dirigente, tipico prodotto di qualità Fiat, è il probabilissimo acquirente de La7. E conosciamo quella lanciata da De Benedetti in persona e ovviamente pompata dal suo gruppo editoriale che vedrebbe alla testa Saviano, ex cronista, ex scrittore, attualmente profeta con partita iva, per catturare il voto sul tema della legalità. E basta leggere l’ ambigua smentita in pura lingua politichese dello stesso Saviano per convincerci che, sì, avremo il  suo facciotto sulle schede elettorali.

E’ facile vedere che Montezemolo – Fiat e De Benedetti – Cir , per non parlare dell’eterno Silvio, entrambi protagonisti di trent’anni di vita italiana, non solo hanno diretti coinvolgimenti aziendali, ma sono espressione di identici interessi sia pure diversamente articolati,  e di un’unica oligarchia. L’operazione liste civiche con cui cercano di supportare partiti a credibilità zero, non si propone affatto di rinnovare la politica, ma si imprigionarla dentro la palude di un partitone unico e melenso destinato a supportare una riedizione rivista, ma non corretta del montismo, con un perno centrale di nome Passera diretto rappresentante degli interessi finanziari e bancari, e possibilmente un garante come Monti stesso al Quirinale. Non si tratta nemmeno di una sorta di grosse koalition, tra forze diverse, ma la messa in mora della politica o meglio di qualsiasi politica che osi mettere in dubbio il pensiero unico.

L’assurda parata, l’incaponimento del Quirinale, sono stati l’occasione per mettere alla prova l’ unanimismo da terza repubblica nella quale la vera dialettica sarà tra un’oligarchia indistinta dentro il Palazzo e le tensioni fuori del Palazzo: nulla sarà meno civico delle liste che compariranno come funghi, velenosi per la democrazia, ma con l’aspetto di gustosi porcini, finferli, prataioli. E anche se molti sono secchi, magari mischiati a ingannevoli fettine di melanzana va bene lo stesso: il risotto che si prepara deve avere solo l’apparenza di un piatto appetitoso.

Rimane da vedere quale sarà la reazione dei partiti storici di fronte a queste manovre: se riterranno queste liste come un aiuto per superare l’astensionismo o un tentativo di svuotamento del loro ruolo. E qui non parliamo di politica, ormai del tutto inesistente sia nel centro destra che nel centro sinistra, ma di poltrone, di posti di potere. Questo temo sia il calcolo che gira inquieto tra le segreterie: giusto che la festa della Repubblica abbia come rappresentazione simbolica il pararsi il sedere.