Hanno massacrato il lavoro. Lo chiedeva l’Europa, lo chiedeva Marchionne, lo chiedevano le banche, lo voleva Berlusconi e persino il suocero di Casini. non lo volevano gli italiani, non lo volevano i giovani, non lo volevano i precari, ma questo è un piccolo particolare che certo non interessa al ceto politico.

E vedete non si tratta solo dell’articolo 18 con la sua valenza simbolica, con il carico di lotte e di civiltà che ci sta dietro e stracciate in tutta fretta da un governo e un parlamento dove regno una solida maggioranza di nullità insolenti, ma anche di tutta una serie di piccoli aggiustamenti, di trappole verbali che in pratica rendono ancor più difficile la vita di due generazioni.

E’ diventato ancor più difficile, se non impossibile per i precari  esercitare il diritto di rivalsa, scardinando la responsabilità solidale tra committente e appaltatore, sempre i precari possono essere licenziati su due piedi senza più alcuna indicazione dei motivi del provvedimento, il lavoro interinale esonda oltre i suoi limiti , divenendo uno dei main stream del mondo del lavoro per non parlare dei contratti a progetto soggetti adesso ad espulsioni  improvvise. Anche per ciò che concerne le partite Iva false, unico punto al quale pateticamente si aggrappa la sinistra di macelleria per dire che qualcosa di buono c’è, si è trovato modo di metterci l’inghippo: le pi saranno riconosciute come contratti a progetto (escluse le attività per le quali esistono ordini o albi professionali) solo se hanno lavorato  nella stessa azienda  per almeno 8 mesi durante lo stesso anno solare. Piccolo particolare carogna che svuota di senso le buone intenzioni e i facili alibi dei difensori del popolo.

Non so se arrabbiarmi o provare pena per queste misure che non solo marcano un deficit di civiltà, ma arrivano quando i paradigmi economici che ne sollecitano l’adozione sono al tramonto e hanno rivelato tutto il loro potenziale negativo. Se ne è accorto persino il più conosciuto aedo del massacro sociale, proprio quel Fukuyama che preconizzava la fine della storia e l’impero millenario del neoliberismo. Adesso come si conviene ai ben pagati macellai che hanno terminato le costolette, fa ammenda e invoca il new deal di Keynes.

Ecco questa riforma del lavoro non solo è uno sfregio sociale, ma nasce anche vecchia, piena di muffa e di arroganza. Su di essa si addensano anche le ombre dell’affarismo come appare evidente da un rapporto riservato sull’Europa stilato dalla Bundesbank  nell’ottobre dell’anno scorso e in cui parla della totale privatizzazione di 500 miliardi di beni pubblici. E’ anche un’offerta votiva alle multinazionali e ai pescecani nazionali che avrà l’unico effetto di approfondire la recessione. Lo dico subito: per votare chi ha votato questa ignobile schifezza voglio almeno la carta di credito di Lusi. Perché non ho alcuna intenzione di collaborare a tenermi questi impiegati del privilegio in Parlamento. Vadano a lavorare con le regole che stanno facendo.