Anna Lombroso per il Simplicissimus

Il sacco di Roma secondo “l’irto e increscioso Alemanno”, per citare Giovanni Berchet, prosegue efferato e sfrontato. Grazie a lui e ai suoi zelanti uffici Casa Pound diventa Tenuta Pound grazie alla magnanima donazione di un doppio casale antico, circondato da tre ettari di terreno e confinante con la tenuta di Redicicoli, nel cuore della riserva naturale della Marcigliana in via di Settebagni al civico 531. Come recita una interrogazione rivolta ai Ministri dell’Ambiente e a quello dei Beni Culturali che non ha trovato risposta, l’area che è segnta al catasto come foglio 136, particelle 2-6, è un lembo di agro romano sopravvissuto miracolosamente alla cementificazione.

Era di proprietà del Comune di Roma, che lo ha ottenuto nel 2000, come compensazione, dalla società Porta di Roma; ma in data 24 maggio 2011, il vice capo di Gabinetto del Sindaco di Roma, Antonio Lucarelli, ha posto la sua firma su un verbale con cui si disponeva la consegna del bene a un rappresentante del Dipartimento patrimonio e casa del Comune, e contestualmente l’affidamento dello stesso in uso al legale rappresentante della cooperativa “Isola delle tartarughe onlus”, signor Paolo Sebastianelli. La cerimonia di cessione con l’immancabile liturgia della consegna delle chiavi, non ha lasciato però traccia nel registro degli atti del Comune, trattandosi di un’ordinanza emanata dall’Assessore al patrimonio, e non dal Gabinetto del Sindaco. E – pudicamente – non vi è traccia nemmeno del progetto di utilizzazione dell’area che l’Isola delle tartarughe avrebbe dovuto predisporre. Molto meno discretamente. Meno discreta la collocazione della cooperativa “Isola delle tartarughe onlus”, propaggine di Casapound: Sebastianelli è uno stretto collaboratore del leader Gianluca Iannone, e del resto il codice per donare il 5 per mille alla cooperativa è ben visibile sul sito on line di Casapound.

Certo la città glielo doveva questo regalo a Casa Pound costretta a lasciare, dopo un mese di manifestazioni di protesta in municipio IV, lo stabile che aveva occupato in via Val d’Ala, ufficialmente per rispondere a delle famiglie in emergenza abitativa. Agli irriducibili non bastava la determinazione del Comune di Roma ad acquistare l‘edificio demaniale di Via Napoleone III, occupato dai militanti Casapound, con uno stanziamento di quasi 12 milioni di euro, volevano la “seconda casa”, quella di campagna, a costo di far sloggiare il pastore che da anni ci lavora con il suo bestiame, che si sa che la fervente associazione pare esercitare un aiuto umanitario piuttosto selettivo, scegliendo target e cause ideologicamente affini più che socialmente meritorie.

Ma in fondo è lo stesso approccio adottato dal Comune di Roma che amministra il patrimonio capitolino e i beni comuni come sue proprietà private, da detenere gelosamente o elargire con munifica discrezionalità a amici cui manifestare gratitudine o a vecchi e intrinsechi compari cui manifestare gratitudine o a antichi complici da rabbonire. Eludendo le richieste di restituire alla collettività i beni confiscati alla mafia, come ha più volte denunciato l’associazione “Libera” ed ignorando sistematicamente ignorato le richieste di assegnazione provenienti da realtà associative dotate di referenze più credibili di quelle che possono esibire i neo bucolici di Casa Pound. Ma dimostrando zelo impagabile nel saldare i suoi debiti con amabile riconoscenza nei confronti di ineguagliati ceffi che riaffiorano da tutte le fogne di oscuri trascorsi.

Celebrazioni di terroristi neri, incarichi a banditi e professionisti del racket sono anche doverosi omaggi alla sua ideologia di riferimento ed anche ai suoi fantasmi e alle sue frustrazioni: miti machisti, fascinazione della trasgressione, emulazione di ideali violenti, deliri di sopraffazione.
Ma è soprattutto il codice genetico che lo porta a replicare coattivamente il modello di governo fascista, un regime solidamente eretto grazie a truffe e speculazioni, arricchimenti improvvisi e profitti illeciti, malversazioni, scandali, carriere strepitose e inspiegabili. E una imitazione miserabile di altre miserie storiche, di quel continuo malaffare alimentato e favorito da Mussolini che copriva e tollerava, per compensare chi aveva creduto in lui e lo aveva aiutato nel momento dell’ascesa, per tenerlo in pugno con l’arma del ricatto, in una combinazione velenosa di familismo, clientelismo, corruzione, frodi, prestazioni sessuali o intellettuali come strumento di controllo e di potere. Allora come ora ai piani alti finanzieri corsari, industriali rapaci e incapaci, pescecani arricchiti, politici ridotti a trafficanti di favori, sotto una massa affamata e umiliata, alle prese con la disoccupazione, un sistema sociale impoverito, diritti lesi a fronte di privilegi intoccabili e feudali disuguaglianze.

Troppa indole di pacificazione nuoce alla verità e alla storia: il fascismo si è nutrito di affarismo losco, di traffici di armi (dietro ad uno fa da burattinaio quel Dumini che partecipa all’assassinio di Mettotti), di grandi opere intese all’edificazione di ricchezze speculative, trust e alleanze opache e scellerate, operazioni finanziarie e bancarie acrobatiche condotte con la benedizione della Chiesa.
Non so se sia vero che siamo predestinati a subire tirannie seriali o ricorrenti dittature, comprese quelle patrimoniali. Ma dovremmo vergognarci di subirle, di accettare l’oltraggio di essere sopraffatti e derubati perfino della storia, della verità, delle nostre ridenti campagne, delle nostre bellezze, del nostro onore di cittadini.