A Moody’s ci sono o ci fanno. O forse entrambe le cose, ma ormai  è evidente anche per i ciechi che quello delle agenzie di rating è un gioco di sponda politico e non solo finanziario: lo è da molti anni in effetti, ma con la crisi  hanno perso ogni inibizione e la cosa è divenuta così scoperta da diventare quasi imbarazzante. Non perché la gente che  lavora per la finanza sia capace di questa “emozione negativa”, ma perché può far nascere la motivata impressione che questi  prezzolati fornitori di voti e giudizi non siano altro che una congrega di imbecilli.

Succede che oggi Moody’s esprima un giudizio negativo sul Pil italiano rivedendo le stime al ribasso e prevedendo per il 2012 una contrazione del 2%, e un calo per l’anno prossimo tra l’ 1 e lo 05%. Cifre assolutamente note, anzi ormai in parte acquisite visto che nel primo semestre il nostro prodotto lordo è calato dell’1,9%  e questo ci rassicura sul fatto che almeno i giornali li leggono anche se con un po’ di ritardo. Però appena pochi giorni fa, esattamente ilo 22 agosto, la stessa agenzia di rating, che peraltro ha avuto l’onore di avere lo stesso premier tra le sue fila, diceva tutt’altro e cioè che  nel 2013 l’Italia e la Spagna sarebbero tornate alla crescita precrisi lodando sperticatamente l’opera montiana ed esprimendo il timore di una sua uscita di scena. Un’ affermazione sorprendente perché il 19 luglio Moody’s aveva confermato l’outlook negativo sul nostro Paese.

Insomma in un mese e mezzo scarso i guru delle previsioni economiche hanno cambiato pareri e ragioni tre volte fornendoci una gustosissima sessione di arrampicata sugli specchi: una settimana fa il ribaltamento delle opinioni di metà luglio era stata giustificata con il fatto che si erano sbagliati e che la situazione italiana rassomigliava forse più alla passata crisi svedese. Insomma tutto da ridere se non fosse per il tono serioso di queste fantasie. L’assist di tipo politico era arrivato, guarda caso, proprio nello stesso giorno in cui erano uscite le notizie su un raggiunto accordo per la legge elettorale con il pericolo, sia pure remoto, che si andasse anticipatamente alle urne. Non si doveva dare un aiutino all’ex dipendente, docile beghina del culto liberista?

Adesso che il pericolo è passato perché si è visto che la pelle dell’orso era stata venduta troppo presto e che l’accordo sullo straporcellum del nostro futuro è ancora lontano,  il patetico paragone scandinavo è stato lasciato cadere è si ritornati alle cifre già ampiamente diffuse. Più dignitoso, tanto più che a fare campagna elettorale per l’ex dipendente è subentrata la Merkel in un’amabile e generosa staffetta. E del resto è naturale che ci tengano: un governo così è impagabile. Si fa per dire naturalmente.