Licia Satirico per il Simplicissimus

Da qualche anno linguisti e filosofi tendono a distinguere tre diversi livelli di pensiero. Il gradino più basso è occupato dall’Unterdenken, il sottopensiero, che si ottiene combinando cose per sentito dire o che non si conosce a fondo: si ammette peraltro che, senza questo enorme dispendio di pensieri, le persone avrebbero la testa vuota. A livello intermedio c’è il Mitteldenken, che consiste nel pensare a basso numero di giri. Solo lo stadio dello Überdenken (il pensiero superiore) consente di riuscire a meditare liberamente e in modo approfondito: è un momento di libertà, di analisi critica, di creatività autentica.
Ripenso continuamente all’Unterdenken, e alla testa vuota che il sottopensiero tenta di combattere, leggendo le dichiarazioni di Elsa Fornero sullo stipendio dei lavoratori ultracinquantenni. L’idea è stata esternata durante il meeting di Comunione e Liberazione a Rimini: «ci sono rigidità per cui la retribuzione cresce sempre ma non la produttività. Una crescita per la quale i lavoratori anziani finiscono con il costare troppo a fronte di una produttività discendente e dunque con l’essere spinti fuori». Non abbiamo fatto in tempo a riprenderci dall’idea perversa della rigidità della retribuzione, che in Italia non è erettile ma semmai minerale, che subito LaFornero ha rilanciato.

Abbandonata l’immagine del rigor stipendiale, la ministra ha ipotizzato una curva retributiva a base anagrafica che, secondo Franco Bechis di Libero, dovrebbe riguardare i lavoratori senescenti. Questo il Fornero-sottopensiero riportato da Libero: «in Germania la curva parte bassa e si alza raggiungendo il picco fra i 35 e i 45 anni, perché a quell’età i lavoratori hanno già esperienza che si unisce al massimo delle capacità fisiche e mentali. Rendono di più, producono di più, e vengono pagati di più. Da quell’età in poi il cervello comincia a perdere colpi, il fisico pure, rendimento e produttività scendono, quindi anche gli stipendi debbono calare. In Italia invece la progressione degli stipendi è una linea retta che con l’età sale dal basso verso l’alto, premiando i lavoratori più vecchi grazie agli scatti di anzianità anche se rendono assai meno».

Non si sa cosa sperare: che Bechis abbia capito male, che la Fornero abbia parlato male o che abbia capito male se stessa, o che si siano capiti male entrambi in un’overdose di incomunicabilità autistica. Di certo c’è un fatto, a proposito della combinazione di cose che non si conoscono a fondo e che vengono associate dal cervello per sentito dire: non esiste alcuna statistica teutonica ufficiale sulle proprietà eugenetiche dei lavoratori giovani e sul declino bio-economico di quelli anziani. Il sottopensiero Fornero è quindi sfociato in un dato assolutamente creativo, immaginario, rivolto a sindacati e imprese ben prima della sua eventuale traduzione in legge.
Persino Bechis resta scandalizzato, chiedendosi se la sessantaquattrenne Fornero – molto al di là del target di massima efficienza anagrafica di cui discetta – abbia idea dell’Italia in cui vive, dei tempi biblici delle carriere universitarie non privilegiate, del welfare improprio rappresentato dal sostegno occulto degli ultracinquantenni ai giovani precari.

In realtà quella del taglio agli stipendi dei lavoratori anziani è una risalente fissa ministeriale: LaFornero ne parlò, mesi fa, davanti alla Commissione lavoro di Montecitorio, precisando che la revisione degli stipendi avrebbe dovuto completare la riforma del mercato del lavoro. Lo stipendio rigido non si addice al lavoratore flessibile nel sottopensiero della professoressa. Il lavoratore anziano è pagato troppo e rallenta il mercato: già da qualche tempo il Simplicissimus lo vede come un moderno Gregor Samsa, destinato a trasformarsi in un enorme insetto dopo sonni inquieti di stabilità e giustizia sociale.
Christine Lagarde si lamenta della nostra eccessiva longevità, che mette in crisi le casse degli Stati e provoca default. La Fornero ritarda il momento della pensione nella speranza che il lavoratore, nel frattempo, si estingua per suo conto come i famigerati esodattili sovrastimati dall’Inps. Se l’equità della ministra tecnica fosse frutto di solidi dati scientifici, forse ce ne faremmo una ragione. Ma le sue parole sono il frutto di dati agitati e non mescolati che poi diventano proposta, tendenza, minaccia.
L’Unterdenken forneriano irrita perché pretende di decidere della nostra sottovita e della nostra sottopaga, senza che la ministra sia mai sfiorata dal dubbio di aver superato da un pezzo l’età in cui, a suo parere, il cervello comincia a perdere colpi.