E già, l’Europa, basta la parola. Così diceva la vecchia pubblicità di un medicamento che ha i medesimi effetti della cura Monti, ma  il contrapporre  l’unione continentale pour soi meme  a un supposto populismo, sarebbe solo un accademico non senso e a sua volta un populismo di ritorno, se non fosse che dietro quel nome si nasconde una politica. Letteralmente si nasconde perché i diktat e le ricette prive di senso che stanno affondando un continente non sono altro che la maschera economica di un progetto liberista e reazionario.

La dimostrazione l’abbiamo avuta chiaramente in questi giorni e  splende come un solitario sul velluto, anche se i media fanno finta di non accorgersene: due anni di  sgretolamento del welfare, dei diritti del lavoro, di attacco ai salari, di licenziamenti a cominciare dalla Grecia, passando per Spagna, Portogallo, Irlanda e Italia, non hanno avuto alcun effetto sui cosiddetti mercati. Poi è bastato che la Bce agitasse la sua spada monetaria, tirando fuori l’espressione “acquisti illimitati” per far scendere significativamente gli spread di tutti Paesi interessati. Questo significa semplicemente che il marcio sta nella concezione dell’euro, nella mancanza di una vera banca centrale e in una unione monetaria confusa, incompleta, per giunta gestita da un parterre burocratico ideologizzato e di infimo livello. I sacrifici imposti come  inevitabile cura della crisi del debito invece non sono serviti proprio a nulla se non a far cadere le economie reali e a creare così una spirale infinita fra sottrazione di risorse, caduta del pil e dunque nuovo debito.

Tuttavia si va avanti con dosi sempre maggiori, come una banda di ciechi o di mentecatti perché il progetto Europa non consiste nelle ricette, sempre le stesse dal ’92 e sempre regolarmente fallite, ma in quello di trasformare la società continentale in senso oligarchico eliminando qualsiasi cosa si frapponga all’attuazione di questo disegno reazionario, primo fra tutti il concetto stesso di diritto e tutto ciò che ne discende ( ricordate la Fornero “il lavoro non è diritto, ma si conquista” ?). L’invocazione dell’Europa come sostanza politica fatta da Monti va vista dunque in una luce diversa, diversa persino dal liberismo in senso tecnico- economico. Con un flashback possiamo tornare al 2005 quando l’atttuale premier fu insignito del premio della fondazione von Hayek con queste parole: Onoriamo oggi un uomo che è stato fedele nelle parole e nei fatti ai principi di Friedrich August von HayekLa sua vita, il suo lavoro, e la sua personalità  non potrebbero essere meglio caratterizzati e onorati se non da un premio che porta il nome del grande economista Friedrich August von Hayek”.

Ora per chi non lo sapesse, von Hayek è noto soprattutto per essere stato un reazionario e un darwinista sociale (anche perché di Darwin non aveva capito nulla e si fermava alla vulgata da caffè), un ometto non molto brillante, ma con grandi mezzi e illustri parentele che divenne utile come strenuo combattente contro l’economia pianificata. Tanto per fare qualche esempio, sebbene le citazioni abbondino in centinaia di siti, possiamo usare questa:  “Fornire agli indigenti e agli affamati qualche forma di aiuto, ma solo nell’interesse di coloro che devono essere protetti da eventuali atti di disperazione da parte dei bisognosi”. O magari qualche passo in cui sembra prediligere uno stato dittatoriale che impone le leggi al popolo ignorante o quelle sull’abolizione dello stato come modo per eliminare la spesa pubblica.

Sarebbe interessante che Monti spiegasse in che rapporto si pone con queste tesi visto che è stato insignito del premio, giusto così per uscire dal vago e dalla contrapposizione tra populismo e sobria ipocrisia. Potrebbe anche non essere significativo visto che questa genia di persone si premia continuamente a vicenda in un sordido minuetto salottiero. E tuttavia per sospettare che si stia assistendo a un disegno politico non c’è bisogno di evocare lo spirito del conte von Hayek., di cui nessuno ha il coraggio di dire che fu un uomo rubato all’ippica. Ci sono esempi ben più vicini e significativi. Tra gli altri quelli dell’economista e premio Nobel Robert Mundell, noto per la teoria delle “aree valutarie ottimali”. Proprio lui in una recente intervista al Guardian ha detto la che la “creazione dell’area euro viola le regole di base economiche dell’ area monetaria ottimale” – E tuttavia la moneta unica è una buona cosa perché in qualche modo “è il Reagan europeo”:  ”Così si pone la politica monetaria fuori dalla portata dei politici. Senza la politica fiscale, l’unico modo perché le nazioni possano mantenere posti di lavoro viene dal mercato” E conclude:  ”Togliere il controllo di un governo sulla moneta evita di utilizzare politiche keynesiane per tirare una nazione fuori dalla recessione”.

Insomma l’euro è un grande successo nel distruggere lo stato sociale, i diritti, le regole per i mercati e per la finanza, le tutele ambientali e artistiche, tutto quanto fa parte non solo della civiltà, ma anche delle necessità del pianeta. Bè in questo quadro è un onore essere populisti e rifiutare il fetore di marcio elitario che viene da certe parti.