L’Emilia del terremoto non vedrà il becco di un quattrino per la ricostruzione, ormai si è capito. E non è a causa di una particolare malvagità diretta del governo che pure ha la sensibilità sociale di una larva di scorpione, ma a causa della cecità politica nella quale viviamo: il pareggio di bilancio in Costituzione, in sinergia con le altre obbligazioni a cui ci siamo incatenati, aggiunge ai disastri, alle molte tragedie del fragile Paese, un’angoscia finanziaria. Terrremoti, alluvioni, frane, tempeste sono diventate anticostituzionali, visto che sarà necessario togliere soldi da altri capitoli di spesa per porvi rimedio. Era per l’appunto uno degli argomenti con cui un folto gruppo di premi Nobel dell’economia, un anno e mezzo fa aveva scongiurato Obama di non lasciarsi tentare da un passo così folle e insulso al tempo stesso.

Così se non ci sono più soldi per mettere mano ai tanti guasti ambientali causati dal laissez faire, dalla speculazione o dalla corruzione, diventa ancor più difficile metterci una pezza. Né prevenzione prima, né cure dopo. E ormai è così evidente il fastidio nei confronti delle calamità naturali, che quasi quasi si vorrebbe far finta che non ci fossero, che non turbassero il teatrino finaz europeista in cui il Paese è costretto a recitare la parte del servo sciocco. Fino al punto da favorire dei processi psicologici di rimozione, come è avvenuto per la tempesta che si è abbattuta sulle Eolie e su Lipari in particolare: i media che sono in gran parte strilloni o portavoce, in qualche caso portaborse dell’area di potere, hanno preferito chiudere gli occhi e non dare la notizia, come sperando che il giorno dopo si potesse scoprire che era solo un incubo e che niente era successo.

Invece purtroppo è successo, anche se pare che i danni siano solo materiali. Mannaggia a queste perturbazioni anticostituzionali: quasi quasi qualcuno potrebbe aprire un conflitto di attribuzione.