Abbiamo atteso pazientemente che la signora Laura Puppato, auto candidatasi alle primarie del Pd, ci inviasse un’illuminante risposta sul perché abbia votato a favore di una legge regionale del Veneto che permette ai movimenti per vita di poter accedere ai consultori a tutte le strutture sanitarie in funzione anti 194. Abbiamo atteso ansiosamente perché la stessa Puppato si presenta come campione dei diritti civili e delle donne. Ma ai numerosi articoli del blog ( 1, 23, 4 ) non è giunta alcuna risposta, se non quella scritta col ciclostile del politichese più ambiguo e banale nel tentativo di negare l’evidenza.

Naturalmente non possiamo che essere delusi dall’ennesimo “volto nuovo” che si rivela non dissimile dai vecchi, ma con l’accresciuta arroganza  di chi si pretende, per il solo fatto di non essere in Parlamento, di rappresentare il futuro, macinando e vendendo però la medesima farina. Tuttavia una ragione per la mancata risposta c’è: ed è che l’episodio della 194 non è isolato, fa parte di un modus vivendi della politica puppatesca nella quale persino le donne vengono dimenticate e discriminate.  La giunta regionale -pidiellino legaiola,-  ha infatti inaugurato un’incredibile disparità di trattamento fra uomini e donne in campo sanitario, senza che la cosa sia stata minimamente rilevata dalla nostra candidata.

Nel 2008 la giunta regionale del Veneto, avvicinandosi le elezioni, aveva aumentato i contributi per i celiaci che necessitano di cibi ha hoc, a volte costosi, portandoli da 50 eur0 per i bambini piccoli fino a 140 euro per gli adulti. Ma eletto Zaia e facendosi sentire la crisi “che non c’era” con Berlusconi e “non ci sarà più” con Monti, questa piccola partecipazione alle spese è stata ridotta nel giugno scorso sforbiciando dai vari scaglioni di età. Il massimale di 140 euro è stato mantenuto, ma incredibilmente  solo per gli uomini: per le donne è sceso a 99 euro. Il risvolto di questa decisione è ovvio: si tratta di un’anacronistica visione del “sesso debole” dedito a mansioni meno onerose dal punto di vista del consumo di calorie. Roba priva di senso e ormai contenuta solo in vecchi manuali dietetici senza alcuna considerazione delle evoluzioni che vi sono state nella società. Una doppia vergogna sia per l’odiosa discriminazione, sia per la visione della donna a cui allude e alla quale non sono certo estranee le aperture ai movimenti cattolico-integralisti.

Ed è ancora più sorprendente che questa assurda disparità di trattamento non compaia nell’interrogazione presentata dai consiglieri Pd e firmata anche dalla Puppato che del resto è capogruppo del partito: si fa solo  riferimento genericamente alla diminuzione dei contributi, mentre non viene presa nemmeno in considerazione la medioevale discriminazione di genere, dandola quasi per scontata. L’interrogazione è di fine agosto (con  calma, mi raccomando)  e probabilmente la signora Puppato non era ancora entrata nella determinazione di farsi candidata e usbergo dei diritti civili e delle donne, visto che i temi ambientali di cui si è sostanzialmente occupata spiacciono alla classe dirigente. Ma tacere su un’enormità di questo tipo restituisce con immediatezza il contesto non solo politico, ma anche culturale in cui si muove. E la strumentalità con cui la stessa gestisce la propria campagna, essenzialmente basata proprio sul fatto di essere donna, suggerendo un’altra idea di mondo. Che se dovesse essere questa staremmo freschi.

Capisco bene che la deprivazione di potere e di peso dentro la società possa spingere a comportamenti automatici, ma credo che le donne dovrebbero essere più ambiziose e non accontentarsi della prima che capita o quanto meno dovrebbero esigere spiegazioni convincenti e non basate sui effimeri verbi al futuro usati quando si è sotto i riflettori e magari capire la dimensione in cui una persona è portata ad agire. Altrimenti non si esce dagli stereotipi, compreso dallo stereotipo della politica di questi anni.