L’imprenditoria italiana non perde occasione per mostrare il suo volto miserabile. Dopo aver applaudito i responsabili di Tyssen Krupp a cui in Germania avrebbero cavato gli occhi se si fossero comportati come in Italia, ecco che Assocamuna, l’associazione degli imprenditori della Valcamonica, ha assegnato ai Riva il premio “imprenditore dell’anno”. Praticamente uno sfregio e una vergogna per l’intero Paese.
Certo visto che due Riva sono ai domiciliari e uno è fuggito in Florida, il premio è stato ritirato da rappresentanti dell’azienda, ma ci sarebbe piaciuto che la targa forse dorata, ma composta da deiezioni della civiltà, fosse stata consegnata in presenza dei parenti dei morti di cancro di Taranto, così per vedere quanto è lungo il pelo sullo stomaco di questi padroni delle ferriere. E soprattutto del più noto tra i fondatori di Assocamuna che dice: «Non ho preso io la decisione, ma si tratta di una scelta che ho condiviso: in questa vicenda sto decisamente con Riva e contro le azioni della magistratura, fuori tempo, dannose e persecutorie».
Già dannose e persecutorie. Certo detto da uno che è a sua volta un imprenditore dell’acciaio, non stupisce. Soprattutto non stupisce se la fortuna di Buzzi nasce dall’appoggio e dal denaro di Emilio Riva tanto da poterne ipotizzare la funzione di prestanome, almeno per qualche periodo. Lucefin e Riva Fire sembrano trovare del resto anche qualche contatto semantico. Insomma si premiano, se la suonano e se la cantano. E sarebbe perfetto se almeno si avvelenassero anche.
AMICI ITALIANI CHE VIVETE IN FLORIDA……PENSATECI VOI
Questi sono gli imprenditori che piacciono e vengono protetti CONTRO LA MAGISTRATURA da Mario Monti e dai suoi ministri come Clini e Passera!
Ognuno sceglie gli affini!
bene bravi bis.che possiate respirare voi e i vostri cari l’aria di taranto.
A conferma che le classi sociali vivono e stanno bene, che la democrazia è stata sospesa, che lo stato sociale è stato abolito, che i lavoratori non sono gente ma combustibile e che aristocrazia e clero sono al potere contro il terzo stato che si pasce di televisione