confusioneStamattina mi sono svegliato e ho scoperto che questo Paese ha un grave problema: si chiama Grillo. Egli è un pericolo per la democrazia perché ha espulso dal suo movimento quattro o cinque personaggi rivelandosi un terribile dittatore e facendo cose che nei partiti notoriamente non accadono mai. Gli estromessi  che ora godono di una posizione da dissidenti di un certo valore nei media locali e foriera di  qualche candidatura altrove, ci fanno sapere ogni giorno di quali lacrime grondi il M5S. E poi basta vedere e sentire Grillo, ormai logorato da un impegno che non è nelle sue corde, a volte sul filo del delirio, per rendersi conto di quale tremendo pericolo corriamo.

Sapete fino a ieri sera nella mia ingenuità pensavo che il pericolo fosse un premier che dopo un anno di massacri e di insuccessi clamorosi, tali da ammazzare un toro e portare a cattivi pensieri una persona intelligente, si vuole dimettere senza  aver avuto nessuna sfiducia in Parlamento, per poi tornare da politico sorretto dai poteri europei. Premier non eletto prima e candidato di cittadini non italiani poi, che si mette sotto i piedi la Costituzione ad imitazione del clown precedente. Un furbacchione che ha capito molto bene come la sua accelerazione non solo metta in difficoltà i grillini, ma anche il quarto polo a sinistra del Pd: per questo nessuno di quelli che si stracciavano le vesti per la Costituzione, dopo averla manomessa, fanno finta di non accorgersi del vistoso strappo istituzionale del premier. e parlano d’altro.

Nella mia cecità fino a ieri pensavo che il pericolo fosse un ceto politico in gran parte corrotto, dedito alla rapina di stato, comprato e venduto, ma anche nelle sue parti migliori vecchio dentro al di là dell’anagrafica, incapace di idee e ideali, consapevolmente vocato a coltivare la propria subalternità al potere economico finanziario. Che il male vero fosse il vuoto di rappresentanza sostanziale che esso crea, vanamente contrastato da ritualità più o meno credibili.

Nella mia superficialità pensavo che il pericolo fosse di ritrovarsi a fare i conti con la mummia di Berluskankamon  I° ridisceso ambiguamente in campo per difendere la sua roba, in trattative col Monti e con gli altri per l’eterno salvacondotto a favore dei suoi scheletri nell’armadio, causa ed effetto insieme della non politica che abbiamo in questi vent’anni. Il fatto che egli, con la sua pelle ormai cartilaginea e l’aria da ritratto di dorian Gray ridipinto ogni giorno, con la sua corte di grassatori, susciti ancora simpatia come dimostrano i sondaggi, ci fa pensare a una nuova stagione di rapine  sobrie nello stile di chi le interpreterà, rozze per l’animus di chi le sosterrà, indecenti per chi le tollererà da Berlino e Bruxelles in nome degli interessi bancari. Avvilenti per gli italiani che le accetteranno ancora.

Nel mio candore pensavo che un pericolo per il mio Paese fosse la mancanza di una sinistra reale capace di opporsi alla distruzione dei diritti del lavoro e del welfare, di arginare le politiche liberiste e la sempre maggiore disuguaglianza sociale. E con orrore ho assistito al dissolversi di tali posizioni dentro una sinistra puramente nominale. E questo è un pericolo per tutti: al contrario di quanto si pensi le nozze beate tra corruzione senza freni e teorie del bilancio imposte da fuori sono un fattore di impoverimento per il 90% della popolazione e il modo migliore stroncare il futuro dell’Italia.

Nella mia rabbia pensavo che un pericolo fosse un sistema mediatico padronale, solo formalmente e apparentemente libero che ormai non ci distingue più da Paesi che parevano ai margini di quella libertà che non vogliamo conquistarci e ancor più di quel liberalismo di cui ladri matricolati e augusti tromboni del potere si riempiono la bocca, senza avere la minima idea di ciò di cui parlano. Un paese che vive di menzogne e nel quale si avvalorano feticci, non ha molto futuro davanti a sé.

Nella mia rassegnazione  pensavo che un pericolo per il Paese fossero pure gli italiani da troppo tempo ridotti dentro una cultura piccola e un’eticità miserabile che la politica ha coltivato invece di dedicarsi a correggere vizi che si legano ad antiche storture come la doppia morale, il familismo, lo spirito di clan, l’assenza di senso dello stato e di bene comune. Così adesso tutti spingono e spintonano per raggiungere le scialuppe di salvataggio invece di salvare la nave.

Sì lo confesso, benché in tempi non sospetti avessi scritto malissimo di Grillo e Casaleggio, colpevolmente non avevo pensato che proprio loro fossero la mela marcia del Paese. Non c’è che fare, bisogna dedicarsi alle pere e ai mandarini di Berlino.