Anna Lombroso per il Simplicissimus
In quanti e quante volte ci siamo interrogati sugli effetti aberranti delle consacrazioni, delle celebrazioni, sul pericolo di ricordare un giorno all’anno l’inobliabile per legittimarne la dimenticanza e l’oltraggio negli altri 364 giorni. E sul rischio di convertire l’esecrazione in comprensione illuminata e illuminista”, come piace a compassionevoli benpensanti e a ipocriti di tutti gli schieramenti, tanto che c’è da aspettarsi la giornata dell’applauso ai dirigenti della Thyssen, del rimpianto per l’articolo 18, di festosi autori di pogrom in insediamenti rom, della cessione dell’Ilva e dei suoi veleni a una famiglia scellerata che li ha seppelliti insieme alle garanzie fondamentali, dei malati di Sla senza assistenza, che li consoli con un’azalea, per promuovere infine una bella giornata dei diritti e una della democrazia, così ci mettiamo una pietra sopra e non se ne parla più.
In quanti e quante volte abbiamo messo in guardia sui cosiddetti “rigurgiti” della impossibili digestione e della rimozione collettiva del fascismo e delle sue colpe. Quando scrivevo di Casa Pound e promuovevo petizioni per la sua messa al bando definitiva come si fa con le sostanze velenose e persistenti che circolano inquinando l’ambiente, saltava sempre su un apostolo dei lumi che mi impartiva delle lezioncine sul rischio di interrompere il dialogo pedagogico, ricacciandoli nelle fogne dalle quali provengono in folta schiera e di criminalizzarli. Come se dei criminali potessero stare altrove, addirittura in Parlamento, nei consigli regionali, nei comuni.
Il fatto è che a rendere legale la loro illegalità non è stata solo la mancata applicazione delle leggi che dovevano e debbono condannarli alle tenebre che meritano, ma quel passaggio acrobatico dall’indulgenza di un malinteso perdono alla tolleranza fino alla legittimazione mediatica e democratica di picchiatori, killer, fino a notabili che hanno dimostrato qualora ce ne fosse bisogno l’attitudine propria dei fascisti a coniugare operose attività malavitose, rapine, furti e malversazioni con razzismo, xenofobia, violenza. Così che forze che si proclamano progressiste perseguono recessione economica e favoriscono regressione morale, offrendo riconoscimenti ai ragazzi di salò come ai manager Fiat, baciando l’anello alle regine vedove e agli equilibristi futuristi ospiti eccellenti di tutti i talk show, normalizzando perfino l’arrivo di Alba Dorada, movimento cosmopolita, transnazionale, globale, direbbe quello sciagurato del partner di Storace.
Grazie al pastrocchio comune e bipartisan sulla fine auspicata delle ideologie che avrebbe messo fine anche alle indesiderate idee, sulla cancellazione delle classi e sull’eclissi degli opposti schieramenti , destra –sinistra se ne è nutrito, alimentato uno solo quello che a un tempo muove lotta di classe, sopraffazione, autoritarismo, annientamento di diritti e certezze, disuguaglianze sempre più profonde.
La destra c’è, eccome e occupa tutto lo spazio anche quello una volta rivendicato da moderati, rivelatisi rapaci e ferini figli di cani rabbiosi, che rendono palese il loro estremismo perverso perfino nell’abuso della definizione di riforme per chiamare l’espropriazione di sovranità, la perdita delle certezze, la lo smantellamento dello stato sociale, briffando la lastra della costituzione e dei diritti come se avesse prodotto troppi esemplari non augurabili e troppi ideali di libertà.
Prima di un 8 marzo con dedica alla ministra Fornero, di una giornata del nonno con testimonial madame Lagarde, di una giornata contro l’omofobia, sponsor Buttiglione, prima che questa soperchiante confusione di principi, che questa eclissi della ragione abbia ragione di noi, delle idee e dei valori che ci avevano affrancato – non abbastanza – dalla vergogna fascista, dobbiamo rialzare la testa, riconoscendoci tra noi che stiamo ancora dalla parte giusta, quella che sa guardare indietro per andare avanti.
Ho pensato a lungo a questo post; vorrei chiarire un punto che forse non sono riuscita a dire bene. Quando non si è d’accordo sui contenuti espressi da qualcuno si possono seguire varie strade utili per esprimere il dissenso. Una strada non utile e non corretta, a mio avviso, è quella obliqua cioè quella che non affronta la questione argomentando, ma si rivolge allo stile, alla forma, al… vestito insomma della sostanza.
Forse è capitato ad altri di cogliere la brumosità, l’equivoco per dir meglio, che sottende a questo modo di fare.
Il post di A.Lombroso smaschera una tecnica molto diffusa: la ridondanza di effetti, di messaggi, di comunicazioni su temi diversi, ma tutti trattati con la stessa enfasi e che fa sì che una questione irrinunciabile, seria e importante possa essere trattata come una questione facoltativa o affidabile all’apprezzamento personale.
Ad esempio la festa del 25 aprile o il 1 maggio non dovrebbero essere trattate come la festa del nonno (sono nonna, e francamente di quella festa me ne sono sempre infischiata, ma chi vuole la festeggia con la mia benedizione indifferente).
La giornata della memoria è e dev’essere assolutamente inconfondibile, unica; non possiamo accettare che “quella” memoria sia profanata in nessun modo.
Lo stile di A. Lombroso è uno stile alto e profondo al tempo stesso; degno del tema. Son pochi ad esserlo .
saluti
Eva cara l’eleganza e l’ironia poco si addicono a questi temoi truci e trucidi, ma noi ci proviamo lo stesso
Un doveroso chiarimento.
Il mio è stato un tentativo velato di ironia – e sempre con quel quid di riserva che il “forse” implica, per non essere altrettanto dogmatica della signora Frah.
Null’altro che una minimalista occasione di riflessione sul nesso tra stile e contenuto, giocando sullo scopo “rafforzare la memoria” considerando che il titolo parlava non casualmente di “debole memoria”.
Ironia troppo velata?
Signora Frah (?) mi duole avvertirla che quel marasma maligno è intorno a Lei, a noi, io mi sono limitata a fotografarlo. Forse è la sua mipio che non l’aiuta a vedere, me ne dispiaccio e comunque Le dirò che diffido di chi preferisce la pulizia “semantica”, spesso sconfina nella pulizia etnica e trascura quella morale, che comincia proprio con il collocare al posto che spetta destra sinistra e francamente anche fascisti nelle fogne… insieme a quelli che pensano che l’antifascismo non competa loro
Grazie, Anna Lombroso, per questo articolo che sgombra il campo dal conformismo perfetto per vendere cioccolata, aranci e vasi di piante varie, per donare col cellulare uno o due euro, come se si vota per uno show della tv e non certo per mantener viva una memoria che testimonia una sostanza così specificatamente tragica e assoluta da non dover essere confusa e tanto meno attenuata.
Eppure è vero, ed anche i non specialisti in comunicazione come me lo intuiscono, la ridondanza dei messaggio riesce a renderli tutti simili. In questo caso sarebbe una bestemmia, a volte una bestemmia pronunciata senza pudore.
Personalmente associo il giorno della memoria all’inverno della pietà umana, e l’immagine dell’inverno mi fa pensare con terrore alle madri deportate coi bimbi ancora attaccati al seno, o ancora non nati. So che il dolore non fa distinzioni, ma una madre che subisce la violenza che colpisce i suoi nati mi sembra ci parli dentro, e che non si possa ignorare il suo urlo.
E ogni volta mi viene in mente l’inizio del libro di Levi, quando racconta del lungo viaggio in treno; quel fumo che fa pensare subito al viaggio verso il camino della morte, i neonati schiacciati tra le altre creature, e quella bambina piccola, per la quale l’umanità del macchinista spilla dalla locomotiva un po’ d’acqua calda perché possa essere lavata; forse l’ultimo atto gentile per lei.
I simboli sono importanti. Non riesco a trovare nulla di abbastanza giusto da dire per quello che è successo, mentre non solo la ragione dormiva, ma soprattutto il cuore dell’uomo.
Prudentemente mi asterrei da giudizi di forma quando leggo qualcosa che non posso, non riesco, non accosto, non mi suona (come lo dovrei dire?) e quindi mi è estraneo. Ovviamente parlo per me.
Se emettessi un frettoloso giudizio, peraltro alieno dalla mia natura, la prossima volta che ascoltassi Mozart potrei trovarmi nella condizione dell’imperatore Giuseppe II-macchietta del film Amadeus. Quello che dice “troppe note” (dopo aver ascoltato mi sembra se ricordo bene, la rappresentazione del Ratto dal Serraglio.)
http://youtu.be/nfFxfNGwams
Di solito amo la prosa asciutta, essenziale, quasi minimalista.
Questa volta la pesantezza del testo – non dico mi piaccia – ma mi pare voluta.
La tecnica dell’accumulo di immagini e degli accostamenti paradossi forse
ha l’intenzione di rafforzare la memoria.
signora Lombroso,
mi scusi…. ma io mi son persa. La sua prosa è così roboante e autocompiacente che mi impedisce di seguire un percorso lineare.
Limite mio di sicuro visto che Eva segue. Io invece mi perdo tra un malato di Sla cui annaffio l’azalea, un pogrom nel campo Rom di via Palizzi, perdendomi nel suono dei violini, la genuflessione ad un apostolo, un pastrocchio tra un rigurgito e organizzazioni malavitose, una minaccosa condanna alle tenebre per cui mi si aggrava la miopìa…. e finalmente, almeno credo!, festoso, fascisti carogne finirete nelle fogne. Oh …
detto di core io l’epigono lo metterei alla sinistra.. quanto più di destra uno possa immaginare.
Mi scusi… ma credo che una bella pulizia semantica non ci starebbe male.
oppure un altro rischio è quello del sistematico spostamento da una ricorrenza, ovvero giornata dedicata alla memoria ed al ricordo, ad una festa,con bottegai esultanti nel vendere inutili paccottiglie a gonzi pronti a festeggiare a comando, a questo proposito vi sono due esempi significativi: la Giornata della donna, da tragico ricordo di lavoratrici ghettizzate ed arse vive nel rogo di una fabbrica, ad una festa di sgallettate infoiate che plaudono allo spogliarello di un maschio ad una pizza tra amiche,e la ricorrenza dei defunti da giorno della memoria dei cari che ci hanno lasciato ad una carnevalata senza alcun costrutto, ma che vende bene cianfrusaglie e consente ad un mucchio di decerebrati di sentirsi “fichi” imitando il peggio delle tradizioni amerikane spero di non assistere ai “il lavoro rende liberi” party con tanga rigorosamente a strisce e numeri tatuati sugli avambracci
Non solo la destra c’è e si sente.
Ci sono tante destre e si sentono tutte sulle spalle.
Il migliore aratore di terreno per fare generosamente spazio a queste molteplici destre negli anni è stato il PD, con la sacra vocazione al dialogo che poi divenne commistione, compromesso al ribasso, collusione, confusione…
Il veltroniano ” ma anche” ha fatto scuola, s’è esteso.
Siccome dentro ci stava ecumenicamente tutto, anche pizzichi di destra non andavano male.
Anzi, bene.
Epigono 2012: applausi e corone ad un tipo di destra perchè ben vestita e perchè epurata dalle volgarità lessicali, tipiche di una delle altre destre.
Senza parlare di quella vatican-romana.
Ed anche di quella catto-lombarda formigoniana.