Due notizie s’intrecciano in questo febbraio più crudele dell’aprile elliotiano perché attraversato dalla falsa primavera delle più incredibile proterve promesse elettorali. La prima è quella di ordinario liberismo del gruppo sierurgico ArcelorMittal, da tempo in mani indiane, che chiude molte sedi europee, mette in strada migliaia di lavoratori e grazie a questo non solo guadagna in borsa, ma lucra anche le quote di co2 risparmiate con la cessazione dell’attività dei due altiforni francesi: 18 milioni di euro che Parigi pagherà in cambio della disoccupazione. Dentro c’è tutto la globalizzazione selvaggia, la il mercato senza regole e le ambigue illusioni di chi ha costruito un Europa a sua immagine e somiglianza.
L’altra storia è quella della Dell il secondo produttore al mondo di computer. La notizia è arrivata da noi come spesso capita distorta e tesa a far pensare ad un acquisto da parte di Microsoft dell’azienda, mentre si è trattato solo di un aiuto di due miliardi di dollari (il 10% circa) sugli oltre 24 che il gigante dei Pc dovrà pagare non per entrare a Wall Street, ma per uscirne. E’ un segnale importante: l’uscita dal mercato azionario è dovuta infatti alla necessità di mettere in campo investimenti e innovazioni tecnologiche che richiedono tempo e sono impossibili da realizzare dentro una speculazione che pretende un profitto immediato. La crisi ha fatto diminuire e di molto la vendita di Pc, solo in minima parte a causa dei vari minicomputer da tasca come iPad e compagnia, ma semplicemente perché non c’è più la disponibilità a sostituire frequentemente le macchine per aggiornarsi: infatti l’aumento teorico di capacità di calcolo, spesso non si traduce in un significativo aumento di velocità o di produttività nell’uso effettivo. Le ragioni sono complesse e non è il caso di affrontarle qui: sta di fatto che Dell (come altre major dell’informatica) pensa che occorra un nuovo salto tecnologico per tornare a veder crescere le vendite. Ma appunto dentro un mercato che premia i licenziamenti e solo gli investimenti che si traducono in profitto entro tre mesi, tutto questo è impossibile: così Dell con l’aiuto di Microsoft ha deciso di uscire dalla borsa e di investire assai più serenamente nel proprio futuro come private company, sapendo che questo le darà un vantaggio competitivo su chi invece se la deve vedere ogni giorno e ogni trimestre con le quotazioni.
E’ il primo segnale di una inversione di tendenza e del fatto che “il mercato” sta diventando il vero nemico dell’innovazione reale, sostituita da quella commerciale con le sue cortine di ferro di pseudobrevetti e dedita a ricavare il profitto con la compressione del lavoro che a sua volta comprime la domanda. E’ il modo di funzionare dell’economia finanziaria a scapito di quella reale che ha il suo centro sulla produzione e non sulla quotazione.
leggo sempre con interesse i suoi commenti, ma stavolta non son per niente d’accordo: tra capitale finanziario e capitale produttivo non c’è differenza, sono la stessa cosa, le stesse persone che non potendo realizzare il plusvalore con la produzione, ricorrono ai giochi finaziari. in germania si dice che la siemens è una banca con annessa officina elettronica, in italia la famiglia agnelli si è buttata nella finanza da tempo ecc. ecc.. la germania mette in ginocchio, grazie all’euro, i suoi più temibili concorrenti europei, e cioè francia e italia, e questo perchè il potere tedesco ha capito già da tempo che si fanno soldi con la produzione solo se non si hanno concorrenti. molti l’hanno capito e moltissimi stanno cominciando a capirlo, solo i neo-repubblichini del pd continuano a non voler capire. un libro, in tedesco, spiega al meglio la situazione attuale del capitalismo: ” Die große Entwertung”, di E. Lohoff e N. Trenkle, Unrast Verlag (www.unrast-verlag.de), 48043 Münster. gliene consiglio la lettura, per quel che mi riguarda, posso dire che il libro contiene la più completa e precisa analisi sulla crisi del capitalismo.
franco valdes piccolo proletario di provincia