Anna Lombroso per il Simplicissimus
Sono agnostica sono laica, che essendo agnostica pare venga più facile. Assediata dai coccodrilli anticipati per la sussistenza in vita del papa, infastidita dalla riconduzione forzata dell’incidente eretico e spettacolare intrusione nella campagna elettorale, in attesa, giustificata dell’efficace contributo de il Simplicissimus, di farmi un’opinione “post-secolare” sono stata colpita da un aspetto della vicenda terrena.
Ratzinger motiva il suo addio assumendosi una responsabilità umana e sottraendosi a quella attribuitagli dai dogmi, con la sua debolezza, fisica e morale. E in questo si che il papa salito al soglio già vecchio, prosciugato da dubbi, inquietudini, veleni e complotti, come in una metamorfosi mortale ed effimera, è, culturalmente e socialmente, eretico.
In una società, non solo quella italiana, di leader vecchi che difendono con accanimento il loro ruolo dall’attacco di miliardi di giovani costretti a un’attesa con poche speranze di futuro, rabbiosi e ma largamente impotenti, di un ceto dirigente di ogni organizzazione politica e economica che li menziona sgradevoli fantasmi cui è necessario riferirsi nella comunicazione, ma che vanno mantenuto a debita distanza di sicurezza, di personalità dall’incerto valore morale dedite solo alla modernità immortale del profitto e delle sfruttamento, e che per tutti questo motivi rifiutano la debolezza e la vecchiaia come rischi dai quali è obbligatorio essere esenti, il papa ha compiuto il suo scisma.
In tutto l’Occidente la vecchiaia e la malattia sono delle colpe contro la società, un tempo opulenta oggi così immiserita da considerare chi ne è affetto un ingombro, un rottame da conferire in discarica e da celare agli occhi dei benpensanti. L’ideologia imperante li sollecita a togliersi presto di torno per il bene comune. Salvo qualche eccezione che assume un valore puramente simbolico, attraverso agonie prolungate a dimostrazione che si deve universalmente riconoscere un potere che ha diritto di vita e di morte, nei modi e nei tempi, secondo un’etica pubblica modulata su una morale confessionale, cui peraltro un papa recente ha potuto sottrarsi.
C’è da esprimere considerazione per chi si confessa un debole sopravvissuto, che vuole chiudere la sua vita in una vecchiaia remota, distante dai riflettori, riporre il suo corpo in una condizione di appartata dignità. Magari lo lasciassero fare anche a noi, costretti a lavorare oltre ogni sopportazione, a dismettere dignità e qualità di sopravvivenza oltre che di vita.
Ma le figure al potere tra le molte convinzioni che li portano a sentirsi degni dell’elezione, della “ascesa” e probabilmente dell’immortalità, possiedono anche quella dell’invulnerabilità dalla vecchiaia, dal degrado, dall’umiliazione soprattutto del fisico. Ha contribuito una somatica di regime, nella quale i corpi delle elite devono essere politicamente corretti, sani, tonici, non mostrare vulnerabilità, salvo qualche lacrima al momento opportuno e in favore di telecamere, anche con il ricorso a pozioni, trapianti, parrucchini, ritocchi, sapienti brezze su capigliature argentate, in modo che il vero agone politico, il teleschermo, trasmetta una plastica efficienza, a emotività intermittente, a umanità assente. Non è una novità che il corpo è diventato uno spazio pubblico, a cominciare da quello senza poteri e sottoposto a poteri estranei, attaccato a un respiratore, ma anche quello di un papa del quale si spiano i cedimenti per dare una risposta naturale all’inadeguatezza o all’inquietudine morale. Non è una novità l’intreccio tra pubblico e personale, che oggi hanno assunto una valenza esaltata dall’egemonia perentoria della visibilità. I corpi di chi conta quando escono dall’oscurità del privato devono accedere allo sguardo pubblico ben funzionanti, esteticamente rispettabili, igienicamente corretti. Non si sottrae nemmeno Berlusconi, tentato dell’ostensione della sua ferita, che corre subito ai ripari con ripristini comunicati in tempo reale. E qualche svenimento viene attribuito all’eccesso di lavoro o di prestazioni maschie e invidiabili.
Fa parte anche questo dell’utopia della giovinezza eterna, una volta differito nella fede della vita eterna. E per molti è l’unica utopia ammessa.
Secondo Mark Twain «la vita sarebbe infinitamente più felice se nascessimo a ottanta anni e ci avvicinassimo gradualmente ai diciotto» e questo purtroppo non avviene mai neppure per gli uomini in odor di santità. Il peso del ministero e della conduzione della Chiesa nel nuovo millennio rappresenta una perenne sfida che esige una mano ferma e risoluta. Joseph Ratzinger ha vissuto da papa due volte: prima all’ombra del globetrotter Giovanni Paolo II reggendo teologicamente la Chiesa di Roma mentre l’energico pontefice polacco stava cambiando il mondo, poi da protagonista come Benedetto XVI, raccogliendo ciò che già prima aveva seminato. Testimone dell’agonia psico-fisica di Wojtila e forse ben conscio del suo potere nell’ombra, sicuramente ha lasciato prima di ritrovarsi nella stessa situazione del predecessore. Questo papa arcaico, antico, vituperato, antipatico, vetusto ha usato un arma per certi versi rivoluzionaria come le dimissioni irrevocabili come da diritto canonico [non si richiede invece che qualcuno la accetti] sottraendo in primis la Chiesa ad essere in balia di malaugurati eventi venturi che non potranno essere affrontati dalla tragicità della senescenza. Mentre Giovanni Paolo II ha offerto il suo corpo alla passione, Benedetto XVI lo ha sottratto per il bene della Chiesa. E questo, come giustamente riportato nell’articolo, è un segnale per tutti quelli che, pur vecchi e saldamente al potere, guardano ai giovani con quella benigna arroganza, retaggio di vecchie regole patriarcali.
L’ebrezza che fuoriesce dai commenti senza lettura a qualcosa serve: mi ha spronato ad una terza lettura.
Da dubitante, ma intrisa di una forma di speranza che ha non pochi legami con l’evangelo, mi ritrovo a condividere il tuo modo di leggere ciò che sta succedendo.
E sono presa da una sottile vibrante contentezza: quella che provo ogni volta che mi è dato di sperimentare che questa posizione lacerante di chi dubita ha ampie opportunità di “comunione”.
Sì sembra proprio che quel commento non abbia relazione con il testo. Forse voleva dire che si è visto un distacco notevole tra gli scritti di Benedetto XVI e le posizioni di alti prelati che hanno persino contraddetto il papa con la scelta di appoggiare candidati per quei partiti, come, per citarne qualcuno, quelli di Monti, Fini, Casini, Bersani, Berlusconi che hanno finalità opposte a quelle, ad esempio, di giustizia, verità e carità come descritte nell’enciclica (e questa è comunemente considerata dottrina) Caritas in veritate. Potrebbe darsi che abbia effettivamente visto la propria impotenza e prigionia in un ambiente talmente ostile da contrastare persino gli scritti di San Paolo senza parlare del Vangelo dei cattolici. E’ certamente un problema impossibile da superare per un anziano cardiopatico che non ha avuto mai la capacità di legarsi alle cordate, ed è quindi solo e senza amicizie forti proprio dove dovrebbe comandare. Anche la stampa, ed in particolare quella cattolica, ha saputo solo mettere l’accento su questioni marginali (come i matrimoni gay o le unioni di fatto), mentre non ha colto l’estrema lontananza tra la dottrina del papa e le dichiarazioni dei prelati che si sono ostinati a fare politica contro una precisa regole imposta da Benedetto XVI. Infatti quella che viene ritenuta l’eresia cattolica è proprio il potere temporale (in tutte le sue forme) e quindi l’attività in politica. Ciò deriva da una precisa interpretazione evangelica in quanto l’attività politica è attività economica e quindi legata al potere del denaro. Questo è la causa della sudditanza degli uomini dal potere e pertanto aderire alla politica significa non restituire a Cesare la sua moneta e togliere la libertà ai cittadini. Questo principio che la libertà è un bene assoluto che non può essere ridotto da nessuna forza politica o religiosa è la base della dottrina sociale della Chiesa come descritta e confermata da Benedetto XVI.
Grazie… grazie per quell’eretico. Grazie
Condivido le tue riflessioni Anne: l’utopia della giovinezza fisica (ché di questa si tratta) toglie dignità a una stagione, quella della vecchiaia, nella quale invece possono venire alla luce, insieme alle rughe che segnano il nostro corpo, tutte quelle nervature della realtà che si possono apprezzare solo nel chiaroscuro di una luce quieta, che gli occhi, stanchi di essere abbagliati, non si stancano di cercare.
Si è detto tanto sui grotteschi tentativi di restauro dei corpi avvizziti, ma solo tu hai messo in luce che si perde più di quel poco e ridicolo che si ottiene.
eh lo so lo so non c’è niente di più eccitante che commentare un pezzo senza averlo letto
E tu credi che il motivo delle dimissioni del Papa sia veramente quello della età e della salute? A me sembra un tantino fanciullesco, forse non sapremo mai i veri motivi delle sue dimissioni o forse capiremo fra qualche tempo quindi trarre
deduzione così lapidarie ora mi sembra avventato. Non ho la verità in tasca, ma a me invece viene in mente qualche ulteriore scandalo e certo a 85 anni non si ha più voglia di interagire con i serpenti a sognagli che brulicano ai vertici.
Di quale utopia della giovinezza parli…io ne ne conosco…il concetto di vita eterna è un pò troppo complesso per essere trattato in questo modo, qui non si tratta di essere credenti o gnostici, ma di rispetto e buon senso. Ma cosa vai scrivendo??????