10037_590861860926689_1066043789_nAnna Lombroso per il Simplicissimus

Moral suasion: persuasione morale autorevole, che si propone di orientare scelte e comportamenti, recita il vocabolario dei neologismi in uso. Che riporta un piccolo repertorio di esempi, tutti più o meno riferiti a fenomeni di dolce quanto prestigiosa pressione, esercitata da soggetti influenti, primo tra tutti il Capo dello Stato, in svariate occasioni.
Alcuni ne vengono in mente anche a me. Nel 2010 Napolitano rinvia alle Camere la legge sul lavoro, partita con una stesura agile, 9 articoli – che poco ci voleva a perseguire l’intento di aggirare l’articolo 18 ricorrendo a strumenti “innovativi” come l’arbitrato – e arrivata a 50, tutti intesi a realizzare quella flessibilità meglio nota ormai come precarietà.
Due anni dopo, il 23 marzo 2012, Napolitano di fronte a un progetto altrettanto se non addirittura più promettente di iniquità e smantellamento dell’edificio di diritti e garanzie, all’insegna dello slogan “la questione sociale è una valore da difendere ma non a costo dell’immobilismo”, promuove le condizioni per rendere la riforma del lavoro un tema di quelli “eticamente sensibili”, non negoziabile, fisiologicamente risolvibile con un bel voto di fiducia, ricattatorio e implacabile come una condanna anche per i pochi renitenti. L’Europa tramite lui ce lo chiedeva.

Qualche tempo fa si è parlato di moral suasion perfino a proposito delle raccomandazioni di Banca d’Italia a Mps, quando Visco propose di ampliare il potere dell’”istituzione” a fronte di una riduzione di quello dei vertici bancari sleali o della distribuzione di bonus in presenza di bilanci in perdita.
Tutti esempi che fanno pensare che nel tempo si sia persa la cognizione sia del termine persuasione in favore di pressioni più autoritarie, più accentratrici, più inconfutabili, che dell’aggettivo “moral”, soggetto a una pragmatica diminuzione a realistico, opportuno, efficiente, comunque fatale e incontrastabile per ragioni di convenienza.

Come stupirsi dunque della scelta di quelle 10 “personalità selezionate con criteri oggettivi e valutate in funzione del ruolo già svolto e degli incarichi ricoperti”? esponenti quanto mai rappresentativi della sub-politica, figli di quelle patologie della leadership che hanno prodotto un’oligarchia che porta il delegato, il rappresentante, nato come servitore dell’interesse generale, a “farsi padrone”
Come stupirsi della scelta di 10 garanti della conservazione, chiamati con tempi dichiaratamente da bicameralina a perpetuare, a dare continuità e stabilità a quello che sembrava essere un incidente eretico nella democrazia e che è diventato l’oscuramento della democrazia? Come stupirsi del curriculum e delle referenze da armigeri indicati per legittimare l’illegalità del conflitto d’interesse, benevolmente e apertamente tutelato, dell’uso improprio e dell’abuso scriteriato dei fondi elargiti ai partiti malgrado un pronunciamento popolare, di provvedimenti volti a salvaguardare le alleanze opache tra soggetti pubblici e privati, che danno luogo a quella forma di criminalità economica che è la corruzione, lesiva dello stato sociale, della concorrenza leale, dell’interesse generale, del falso in bilancio, della concussione, dell’evasione e del riciclaggio, diventati prassi e sistema di governo a tutti i livelli territoriali?
Compie cent’anni quella tesi feroce, quella teoria elitista, demoralizzante quanto persuasiva, secondo la quale qualsiasi tentativo di dare forma alla partecipazione di massa alle decisioni politiche, non possa sottrarsi al destino aberrante, alla torsione verso l’oligarchia.

Processo fisiologico si diceva, impersonale degenerazione, eterogenesi dei fini, indipendente dalla stessa originaria volontà degli artefici. Ma oggi siamo invece di fronte alla teoria del tradimenti, dell’imputazione a una classe dirigente della cattiva intenzione di approriarsi e mantenere ben saldo il potere, per conto proprio o di altri più su e altrove, celandosi dietro a una retorica democratica per ingannare i cittadini. conferendo il comando come cosa che esige specifiche qualità e comptenze a una direzione “tecnica”, cui viene attribuita insostituibile qualità morale. Oggi pare che ci sia un risveglio dal letargo, Grillo comincia a essere consapevole del trabocchetto, lo è certamente Bersani in buen retiro, perfino parte del Pdl capisce che l’operazione di estremo salvataggio del leader nasconde rischi per la sopravvivenza della macchina partito. Ma siamo noi che dobbiamo smascherare la micidiale vocazione antipolitica, che si nasconde dietro a 10 saggi e ai loro burattini, al tradimento della democrazia.