cambia-il-vento-manifesto-pdA me pare di sognare. O forse no, forse sono sveglio e guardo con orrore emergere ogni giorno dal Pd una cultura di puro stampo reazionario e maschilista che cerca in continuazione un qualche travestimento vagamente progressista. Ci mancava solo l’ammucchiata di onorevoli piddine con la loro proposta di legge contro l’uso del corpo femminile in pubblicità: qualcosa che solo a uno sguardo superficiale può rassomigliare alla battaglia sulla dignità delle donne e l’ostensione del corpo come riflesso e suggerimento della donna oggetto.

La lettura del disegno di legge presentato dalle indignate signore, ci disillude subito e si presenta come una variante politicamente corretta delle alate considerazioni di chi pensa che una generosa scollatura o una gonna corta siano un’invito alla violenza e quasi un suo alibi coronato dalla famosa frase che se la sono voluta. E infatti leggiamo nel testo: «immagini che trasmettono, non solo esplicitamente, ma anche in maniera allusiva, simbolica, camuffata, subdola e subliminale, messaggi che suggeriscono, incitano o non combattono il ricorso alla violenza esplicita o velata, alla discriminazione, alla sottovalutazione, alla ridicolizzazione, all’offesa delle donne».

Questo significa che viene accreditata pienamente la tesi che una qualsiasi nudità femminile, una qualunque malizia sia di per sé un  incitamento alla violenza o un aderire a uno “stereotipo di genere”. E infatti il ddl prosegue dicendo «nelle adolescenti, nelle donne giovani si genera un’ossessiva attenzione al corpo che provoca manifestazioni di ansia e aumento di emozioni negative, riduce la consapevolezza dei propri stati interni». Si intravvede attraverso un tessuto argomentativo molto trasparente che tutto questo ha assai poco a che fare con l’emancipazione femminile e men che meno con i temi femministi, ma con una cultura cattolica di fondo che cerca in modo subliminale di allontanare il peccato e che trova nella femminilità stessa la radice della scarsa “consapevolezza degli  stati interni”. Come dire che se andate con una gonna sopra il ginocchio già da ragazzine avrete molta probabilità di ritrovarvi un po’ cretine. Fossi in loro mi domanderei come mai nel 99,9 per cento periodico delle pubblicità che riguardano prodotti per la casa, siano protagoniste le donne, spesso castamente vestite, ma oscenamente ancorate al tradizionale ruolo ancillare. E perché non se la prendano con quelle.

Ora che la pubblicità esageri e sia spesso di pessimo gusto o volgare o stupida, è un conto e giustamente ci vuole una selezione darwiniana di buon gusto, ma in questa sorta di ossessione si scorge l’esatto contrario di quanto si vorrebbe raggiungere e del contesto nel quale si vorrebbe operare: si vede sotto traccia la definizione del corpo come l’ubi consistam dell’essere femminile, per cui va protetto e beghinamente coperto. L’esatto opposto del berlusconismo, ma posto di uno stesso piano di una una medesima bussola, mentre purtroppo nessun ddl si occupa della minorità sociale in cui vivono le donne, dei salari più bassi, dei ricatti a cui sono sottoposte persino nella maternità. Altro che spot. E’ lì che bisogna cambiare passo per cambiarlo in pubblicità e non viceversa. E invece niente, anzi sempre peggio perché sono le donne che finiscono per pagare di più la crisi e il modo in cui viene quasi favorita più che combattuta. Mi viene quasi quasi da domandarmi se le firmatarie abbiano mai sospettato quanto possa essere erotica l’intelligenza delle donne e al contrario banale il corpo o abbiano mai lavorato senza i privilegi all’italiana.

Ma tutto questo lo dico perché – a proposito della consapevolezza degli stati interni – le onorevoli firmatarie non hanno probabilmente alcun sospetto di agire dentro una cultura molto diversa da quella in cui a loro sembra di operare. Una condizione del resto che sembra proprio peculiare del Pd, con la gnocca come con i cazzi amari.