Anna Lombroso per il Simplicissimus
Ma ve le ricordate le confortanti menzogne convenzionali della quali ci siamo nutrite negli anni? Quelle sulle specificità di genere, su quelle qualità: dedizione all’ascolto, indole alla solidarietà, istinto alla generosa accoglienza, all’accudimento, alla condivisione, alla comprensione e alla compassione, il patrimonio genetico di sensibilità, integrità che rendevano le donne meno permeabili alla corruzione, meno inclini all’avidità, meno possedute dai demoni del potere e del profitto.
Beh, erano deliziose fole che abbiamo alimentato per convertire l’invidia penis in soddisfazione per la carenza, per le condanne di un sistema sociale che riduce a minoranza una maggioranza numerica e che penalizza non solo le ambizioni, ma anche le aspirazioni legittime e naturali delle donne ed anche di molti uomini, come di chiunque si senta diverso e non può o sa rivendicarlo, secondo quella incoraggiante mutazione che tenta di trasformare un castigo all’inferiorità in speciale particolarità, e la petite diffèrence in superiorità.
A conferma dell’improbabilità di una via virtuosa al potere, della persuasiva egemonia dei privilegi e della contemporanea arbitrarietà dei diritti, messe alla prova dall’accesso più o meno meritato a ruoli di rappresentanza e di influenza, ogni giorno vediamo donne percorrere il cammino semplicemente umano della normalità più modesta, spesso mediocre o miserabile, dell’accondiscendenza ai potenti, dell’assoggettamento ai “superiori” per motivi di interesse economico, o per la fascinazione esercitata dal presenzialismo mediatico, o per l’ascendente che sempre possiede il potere che si esalta se consumato in prima persona, uomini o donne che si sia.
Ci deve essere proprio un contagio tossico che ammala di subalternità, che consuma autodeterminazione, libertà e riduce all’ubbidienza, che piega al conformismo e all’acquiescenza, a licenze infami e misfatti osceni, che si riproducono nell’humus fertile delle menzogne, dei proclami di generosa dedizione all’interesse generale, nella pedagogia perversa di un ceto dirigente che si prodiga per un popolo bambino che va guidato ed educato, di un pragmatismo aberrante che dovrebbe convincerlo dei benefici della rinuncia globale e generale a diritti, garanzie, speranze per garantirsi la semplice sopravvivenza a imitazione della vita.
Stamattina come ogni mattina c’era una delle girls del Pd, una mattina è la De Micheli, una mattina la Moretti, una mattina la Puppato, una mattina la Sereni, e stamattina in nome delle biondine per il rinnovamento, si fa per dire, tale Mosca, una specie di fidanzatina d’italia protervamente sciocchina e ostinatamente convinta delle sue stesse bugie, che sgranava gli occhioni al servizio del processo di esautoramento di valori, principi, idee della sua organizzazione, festosamente partecipe della bontà della scelta di dare fiducia, sostegno, ai soci di maggioranza, con una partecipazione soggiogata così bieca e prona da far rimpiangere le amazzoni del Pdl,Bernini, le Biancofiore, le Ravetto per non dire della Santanchè che c’è da sospettare facciano fruttare con esiti più profittevoli la loro appartenenza e fidelizzazione.
C’è qualcosa di sfrontatamente squallido e triste in questa rincorsa alla gregarietà, alla sudditanza a leader ma più ancora a rendite di posizione, all’ipocrisia più immorale da parte di chi dovrebbe testimoniare e rappresentare bisogni e istanze delle donne, quelle cioè penalizzate come individui, come persone, e nei ruoli assegnati da una società sempre più ingiusta e da impari quote rosa delle disuguaglianze.
Stamattina la Mosca, cocchiera di nome e di fatto, “scavallando” regole morali, principi di onestà e integrità, lealtà e opportunità, buona educazione e eleganza formale, promuovendo le ragioni dell’ossequienza ai più disdicevoli e innaturali ricatti, svolazzava baldanzosa sulla materia preferita, quella nella quale sembrano planare sempre più inesorabilmente e dolcemente accomodarcisi, alla faccia nostra, che indovinate la loro com’è.
L’invidia penis l’ha inventata un professorone maschilista che, per quanto intelligente e innovativo su tante cose, era prima di tutto maschilista e dunque gravemente regressivo su cose altrettanto essenziali. E comunque sei la prima donna che incontro che citi l’invidia penis come qualcosa di plausibile, senza che le venga almeno da ridere.
Né mi sembra la cosa più urgente accanirsi verso le altre donne, già messe al rogo per ogni cosa, dagli stessi colleghi maschi che fra loro si perdonano tutto; preferirei vederle difese dagli svillaneggiamenti maschili http://politicafemminile-italia.blogspot.it/2013/07/troie-puttane-canoiste-ladre-oranghi-e.html
Per il resto.. d’accordo sul malessere che provocano le difese dell’indifendibile da parte di donne gregarie – ma non tutte quelle che hai citato lo sono.
io non credo all’invidia del pene. Credo che una donna sia moralmente e intellettualmente pari all’uomo nel bene e nel male..poi uomini e donne sono un mix di natura, cultura e storia ma ciò oggi non ci rende di per sè schiavi
hanno un candore, nella loro neghittosa sfrontatezza, davvero ammirabile, una certezza indeflettibile di essere nel giusto e di prodigarsi per noi, che fa ritenere che ci credano davvero.
Diceva (anche se interpretato un po’ alla buona) il vecchio Ludwig Feuerbach “l’uomo è ciò che mangia” (vale anche per tutti gli esseri viventi). Ergo: di cosa si nutre tale alessia mosca, immancabile vedroide, di cui si vociferano leggendarie partite a squash con la sua cara amica lara comi, per dire in tv ciò che dice?
mi sono persa la Mosca per raggiunti limiti di sopportazione mediatica, ma non esito a condividere il tutto sulla scia della saturazione di quanto costatato nel nome delle altre. Che peccato, no?
Più di tutte mi delizia la Sereni: incommentabile imitatrice (consapevole o no) della Mariastella ex ministra.