Dopo lo choc dato dalla Corte Costituzionale con la bocciatura del porcellum si sono rotte le acque della gravidanza isterica da cui è afflitto un Paese che tra trent’anni vuole cambiare, si illude di cambiare e non ci riesce mai perché dopo tutto non lo vuole davvero. Subito il presidente, ancorché addobbato in stile funeralizio, ha trovato modo di intervenire in modo improprio rispetto alla sua carica, dicendo che non si può tornare al proporzionale, mentre il fronte politico si è diviso tra partiti grossi favorevoli a una legge elettorale che gli avvantaggi e formazioni minori come sempre più favorevoli alla proporzionalità. Ovvio.
Ma nel piovere di dichiarazioni e di commenti sulla grande stampa, solo momentaneamente arginati dalla morte di Nelson Mandela, avviato definitivamente, assieme a Ghandi, nel paradiso delle citazioni da carnet, una cosa emerge con una chiarezza cristallina: l’imbarbarimento nel quale paiono vivere i politologi da giornale, gli scrittori da salotto lesti a firmare i pensierini in favore del principe protettore e ça va sans dire i politici, che sentono come un colpo alla governabilità la mancanza di un consistente premio di maggioranza che garantisca la cosiddetta governabilità.
Quasi nessuno sembra rendersi conto che un corposo premio di maggioranza, attuato da oltre vent’anni in Italia a tutti i livelli, per simulare una sorta di sistema maggioritario, costituisce non solo una sorta di alterazione a tavolino della volontà popolare, ma è anche un’anomalia adottata per qualche tempo in pochi Paesi (la Francia del dopoguerra, l’Argentina pre militari, il Paraguay, il Messico, la Corea del Sud) sempre vagolanti tra l’instabilità assoluta, la dittatura esplicita, la stabilità mortuaria, la sovranità limitata o nel caso migliore il gollismo. Una cecità tanto più macroscopica perché questo sistema è stato sempre propiziatore di sciagure proprio per l’Italia: la legge Acerbo del 1923 che prevedeva un premio di maggioranza del 25% fu lo strumento per l’avvio del ventennio fascista, mentre il sistema semi maggioritario del Mattarellum è stato all’origine del ventennio berlusconiano.
Al contrario un sistema proporzionale puro, come quello tedesco, dove solo un opportuno sbarramento al 5% garantisce sia la rappresentatività effettiva che la non proliferazione di partiti minimi, si rivela estremamente stabile e governabile, anche in caso di risultati incerti. Potrebbe sembrare strano ma leggendo un po’ di letteratura politologica ci si accorge innanzitutto che i sistemi uninominali sono stati teorizzati già nel medio evo, mentre quelli proporzionali sono più recenti e probabilmente più adatti al suffragio universale. Poi ci si accorgerebbe che i sistemi maggioritari secchi come quelli degli Usa o della Gran Bretagna sono fonte più che di stabilità di imbalsamazione politica e dunque utili a Paesi che fanno della loro proiezione esterna la fonte principale della propria politica: se la rete di dominio è in qualche modo preservata da questa mummificazione, l’introduzioni di cambiamenti e di riforme diviene estremamente difficile anche quando le situazioni lo richiedono con urgenza, come è diventato evidente con Obama. Oppure, come nella Gran Bretagna di Cameron favoriscono decisioni di parte. Quelli maggioritari a doppio turno di tipo francese propiziano invece una costante instabilità politica. Di quelli misti come il nostro si è già detto.
Tutto questo può sembrare strano, ma accade perché nella ideazione e nella scelta di un sistema elettorale si bada più che altro alle sue regole astratte, alle ripartizioni e agli effetti numerici nei Parlamenti o nelle altre assemblee elettive, invece ciò che i vari sistemi influenzano è il modo con cui elettori e i partiti interpretano le proprie strategie competitive o cooperative. Più un sistema è maggioritario e più l’elettore tende a dare il proprio voto non solo in base a ciò che pensa, ma in gran parte a ciò che pensano gli altri, interpretando in questo modo la propria strategia vincente, esattamente come avviene in Borsa, ma con effetti assai diversi. Uno dei quali è la selezione verso il più telegenico, il più simpatico e/o quello che non ha niente da dire se non gli slogan. E dal canto loro i partiti sono costretti a perseguire strategie non cooperative che prevedono il massimo vantaggio possibile, spesso però ingannando l’elettore poiché la partita vera si giocherà poi su collusioni imprevedibili visto che la politica vive di interazioni strategiche.
Nei sistemi proporzionali invece fin da subito l’elettore tende ad interpretare la propria scelta vincente sul punto di equilibrio tra le idee e le forze e la stessa cosa avviene tra i partiti che tentano di dare all’elettore stesso una mappa dei punti in cui la cooperazione sarà stabile e quelli in cui essa sarà competitiva. Di conseguenza, mentre sulla base di teoriche distribuzioni di voto si tende a pensare che i sistemi proporzionali siano più instabili, avviene invece il contrario perché è diverso e più esplicito il quadro di scelte razionali che si presenta davanti alle urne. Ed è proprio per queste ragioni che i sistemi misti alla fine risultano i più instabili o quelli più a rischio nelle democrazie rappresentative anche se da un punto numerico non dovrebbero esserlo: perché essi confondono e mischiano i termini di una scelta razionale, trascinano in questa ambiguità il significato di alleanze e accorpamenti .
Naturalmente è fin troppo ovvio che tutto questo, nato con la politologia che si occupa della teoria delle scelte razionali da Von Neumann, a Zemelo, da Nash e Maynard Smith, sia territorio sconosciuto a una politica imbarbarita o la cui civiltà è ormai sepolta sotto le ceneri o è preda di hobbisti, cialtroni, vegliardi, padroncini. Per questo temo che dopo il Porcellum se ne farà un’altro.
Anch’io concordo con Casiraghi. Sono da sempre un proporzionalista puro e nel ’93, quando quel fascistello d’un Segni truffò l’Italia indignata dalla partitocrazia tangentaria e di fatto consegnò il paese al Delinq, ricordo che, poco convinto, annullai la scheda del referendum. In questi vent’anni ho avuto modo di vomitare davanti allo spettacolo del Porcellum e del ‘Maialerum’, che in quanto maggioritario fa ancora più schifo della stessa maialata del duo Calderoli-D’Onofrio, per non parlare del mercato delle vacche che si instaura nei doppi turni, tra la prima tornata e il ballottaggio, quando si devono rinnovare le amministrazioni comunali per insediare le sfrontate Giunte e i Sindaci onnipotenti con i Consigli comunali esautorati di fatto, totalmente inutili. E sono anche contrario alla soglia di sbarramento. Mettiamo che 4-5 partiti non raggiungano il 5% dei suffragi effettivi, e si fermino intorno al 4 e rotti (caso tutt’altro che peregrino in Italia); mettiamo anche che questi partitini non vogliano coalizzarsi con nessun grande partito per divergenze programmatiche e quant’altro. Orbene, in questo modo si tiene fuori dall’arco costituzionale da un 15 ad un 20% di forze che rappresentano legittime istanze di cittadini. Quest’anglicizzazione e americanizzazione della politica se la tengano i Paesi interessati, dove spesso non va a votare neanche il 50% degli aventi diritto, quando si svolgono kermesse elettorali politiche. Mattarellum e Porcellum hanno prodotto un ventennio di nefandezze. Il quarantennio precedente in cui fioriva la Prima Repubblica ne ha prodotto altre, è vero, ma la colpa non era eminentemente del sistema elettorale proporzionale, a mio modesto avviso.
le leggi elettorali maggioritarie o in senso maggioritario contribuiscono a garantire la goveranbilità si diceva dal 1993 a questa parte….beh eccon sotto gli occhi di tutti gli effetti di tanta (SSS)governabilità … alla salute dei politicanti tifosi della suddetta (SSS)goveranbilità che fa rima con stabilità della propria comoda poltrona da politicante…
Approfitto del commento di Tocqueville qui sopra per esprimere meglio il mio pensiero. La democrazia non deve favorire accorpamenti perché nell’accorpamento è implicita la perdita delle identità dei partiti che si accorpano (e fin qui chissene…) ma soprattutto il tradimento nei confronti degli elettori che li hanno votati. Peraltro mi rendo conto che in un mondo dove non esistono paesi sovrani a parte due o tre, e dove i leader delle nazioni del mondo si incontrano nei G8, G20 o G qualsiasi altra cifra per sapere sostanzialmente da chi devono prendere ordini, l’idea che ci sia una democrazia è ovviamente già svuotata alla radice e dunque tanto vale avere in ogni paese due partiti, possibilmente identici, e farla finita. Però a questo punto tanto vale non avere alcun partito e semplicemente obbedire. Tra monopartitismo e bipartitismo c’è solo uno scatto di differenza. E tra monopartitismo e bipartitismo di partiti rigorosamente uguali non c’è più neanche quello!
Infine un cenno relativo a parole come “stabilità”, “governabilità”. Si tratta di un gergo politico, anzi di un codice linguistico che serve a riconoscersi fra persone che la pensano allo stesso modo, una sorta di massoneria a cielo aperto. Nessuno di noi userebbe mai parole come queste a casa propria visto che non significano letteralmente nulla perché anche in assenza di un governo, come in Belgio tempo fa, o nell’interregno tedesco seguito alla vittoria della Merkel quest’anno, la governabilità e la stabilità sono sempre assicurate dalla molteplicità di istituzioni che rimangono attive, non ultime i parlamenti. Qualcuno evidentemente non ha capito che I governi oggigiorno servono solo per prendere ordini, non per darli. E l’instabilità è determinata di solito dall’intervento di potenze straniere che vogliono ricattare un paese e portarlo dove vogliono loro.
Ah se è per me, da quando conosco “la storia” della Legge Acerbo e deelle leggi maggioritarie, cioè da 4 anni circa , ho messo costantemente in allarme chichessia dai pericoli delle leggi maggioritarie per la democrazia e l’economia.
oh mi scuso del mio vantarmi, ma vedo che Lei Sig. Capece ha preso in considerazione il consiglio presente nel mio commento in un suo post che dovrebbe titolare “La Repubblica degli illegittimi”, di studiarsi le analogie con la legge Acerbo e le leggi elettorali maggioritarie o in senso maggioritario presenti in Italia, me ne compiaccio… penso che possa essere un passo avanti affrontare certi discorsi…
Ceterum censeo: Solo con la sparizione del Berlusca sarà possibile,in Italia,una minima,leale(?) interlocuzione tra destra e sinistra. Ceterum censeo:Sia preferibile e sicuramente più rappresentativo un sistema proporzionale che,con soglia alta per l’accesso(6/7%)favorirebbe accorpamenti,certezza(o quasi) del vincitore e stabilità di governo.
Volevo far notare che il sistema elettorale tedesco è altrettanto anti-democratico del mattarellum o del porcellum perché mettere sbarramenti al 5% (o di qualsiasi altra entità) significa che a quella percentuale di votanti verrà negato il diritto di voto, ossia il diritto ad essere rappresentati, oltretutto con una soluzione di un cinismo impressionante che consiste nell’annullare il valore del voto a posteriori, dopo che il cittadino ha già votato!
Si tratta poi in tutti i casi di una strepitosa falsificazione del risultato elettorale perché regala ad altri partiti i seggi dei partiti che ne avrebbero avuto realmente diritto ma sono stati artatamente esclusi.
Porterò un solo esempio della malignità intrinseca del modello tedesco: supponiamo che alla fine di un’elezione tedesca i risultati siano che 23 partiti abbiano avuto il 4%, un partito il 2% e un unico partito il 6%. Ci rendiamo conto che in questa situazione, del tutto possibile teoricamente, un partito che ha avuto il 6% dei consensi acquisirebbe il 100% dei seggi? Non stiamo parlando quindi di un sistema elettorale che ha nella sua stessa struttura interna la possibilità di trasformare la democrazia in dittatura?
Le istituzioni e le norme non vanno giudicate sulla base della sensazione che, per quanto incomplete o ambigue, sicuramente saranno utilizzate dai politici per il bene dei cittadini e in uno spirito di perfetta buona fede. No, vanno giudicate sulla base delle conseguenze che la loro logica intrinseca può comportare e che si possono individuare con precisione già nel momento della loro nascita. E’ per questo che la tanto osannata Costituzione italiana è di una antidemocraticità da far paura: abbiamo appena visto crollare il tabù della rielezione di un presidente per un secondo mandato nonostante da decenni i costituzionalisti si sforzassero di tranquillizzarci sul fatto che un presidente della repubblica non può essere rieletto. Però se un ipotetico signor Rossi, non laureato e anzi del tutto analfabeta, si facesse leggere da qualcun altro la Costituzione si accorgerebbe che in essa non vi è nulla, ma proprio nulla, che impedisca la rielezione ad infinitum della stessa persona. Ossia la nostra Costituzione ha implicita nel proprio DNA, nella propria struttura logico-normativa, nelle proprie fibre linguistiche e concettuali, la possibilità di una riedizione del fascismo o del totalitarismo. Tanto per fare qualche altro esempio, nella Costituzione non vi è nulla che impedisca di svendere la nostra sovranità, cosa che infatti è già pratica corrente da qualche decennio, e non vi è quasi diritto che la Costituzione ci accorda, per quanto nobile, che non possa essere derogato da una successiva legge. Per la Costituzione siamo liberi e abbiamo un’infinità di diritti… a meno che un’apposita legge non ce li neghi. E allora? Direi “svegliamoci”, se questo appello non risuonasse patetico alle mie stesse orecchie vista l’evidente assenza di un’opinione pubblica avvertita su queste problematiche e sostanzialmente brancolante nel buio. Evidentemente decenni di propaganda neoliberista a tutto campo non sono passati invano.