produzione_4_produzione_immaterialeE’ stupefacente come dopo anni di massacri sociali di ogni genere sempre presentati come necessari e “moderni”, gli ambienti finanziari, bancari e confindustriali si preoccupino del pericolo di deflazione, ossia della diminuzione generale dei prezzi dovuta al calo della domanda.  L’allarme viene lanciato ormai da settimane, se non da mesi, perché ovviamente la situazione rischia di mettere in crisi i ricavi delle aziende, le quotazioni azionarie, gli asset bancari, e – in prospettiva- anche il debito aggregato visto che il calo dei prezzi (da settembre si calcola un ritmo del 6,5% in Grecia, del 5,6 in Italia, del 4,7 in Spagna, del 4 in Portogallo, del 3 in Slovenia e quasi del 2 in Olanda), riduce il pil e rende di fatto inutili i sacrifici dal punto di vista del debito pubblico e rimette in pericolo l’euro.

Quindi tutti questi signori con i corifei delle società di rating in testa alla processione con la sacra immaginetta del profitto, dopo aver devastato pensioni, salari, diritti e lavoro, invocano dalla Bce un’operazione di quantitative easing, ovvero di immissione massiccia di denaro alle banche in modo da eliminare i titoli tossici, curare le perdite e possibilmente rilanciare un po’ di credito o in alternativa un’altra stagione speculativa. Insomma nel tentativo di riportare un po’ su l’inflazione.

Questo ci fa vedere con una chiarezza davvero cristallina come l’economia sia la “scienza” e la prassi dei ricchi, perché non c’è nemmeno un cane che si sia domandato se una iniezione di inflazione nel sistema non renda ancora più drammatica la condizione di milioni e milioni di persone, a cominciare dai pensionati e precari italiani per finire ai minijobbisti tedeschi, che si troveranno ad affrontare una crescita dei prezzi, dunque una diminuzione di un potere di acquisto che è già al limite.  E che certamente non hanno alcuno strumento automatico di aumento delle retribuzioni, nessuna speranza sindacal contrattuale e anzi vengono investiti da una continua caduta dei salari.

Ma chi se ne frega. Se i profitti sono in diminuzione, se le sofferenze bancarie aumentano, pompiamo soldi nel sistema, aumentiamo artificialmente l’inflazione, portandola al di là della dinamica della domanda: che i poveracci si arrangino. Purché sia salvo ancora una volta l’euro, purché l’economia dei ricchi non subisca dei contraccolpi. Così proprio quell’inflazione che qualche decennio fa penalizzava i lavoratori, tanto da richiedere l’abolizione della scala mobile, adesso viene vista invece come la salvezza dei banchieri e delle casse aziendali.

Chiamiamola scienza, anche se spesso sembra proprio una truffa.